L’Ucraina è “una colonia americana con un regime fantoccio” con i giudici che “sono controllati” dall’ambasciata Usa”. E poi ancora: “Kiev rappresenta una minaccia per la sicurezza della Russia“. Sono alcune dichiarazioni, durissime, rilasciate dal presidente Vladimir Putin nel corso del suo discorso alla Nazione.

Il presidente russo parla dopo aver annunciato di riconoscere le repubbliche separatiste autoproclamate di Donetsk e Luhansk (Dpr e Lpr), nel territorio del Donbass. Poi davanti alle telecamere Putin ha firmato il decreto, aumentando considerevolmente i timori di una imminente invasione dell’Ucraina. Per gli Usa è ormai questione di ore o giorni. Anche perché nel decreto il presidente russo ha inserito anche un ordine per il suo esercito: dovrà “assicurare la pace” nei due territori, facendo seguito a una richiesta dei leader locali.

La decisione di riconoscere i territori separatisti segna una frattura insanabile o quasi nelle tensioni tra Russia e l’Occidente. Il timore è che Mosca possa usare il Donbass per inviare apertamente militari ed equipaggiamenti all’interno dei confini ucraini. Putin ha accusato il governo ucraino di “cercare di entrare in conflitto con Mosca”, descrivendola come “un burattino” in mano altrui, un Paese creato dalla Russia, “parte integrante della storia e della cultura russa“, svendutosi a una tradizione che non è la sua nonostante “la Russia ha ripagato completamente i debiti dell’Ucraina, ma Kiev ha rifiutato di rispettare gli accordi sulla restituzione delle proprietà”. La Russia ha chiesto garanzie ai Paesi occidentali del fatto che la Nato non ammetta l’Ucraina come membro, e Putin ha specificato che una moratoria non basterà. Ha anche chiesto che l’Alleanza metta fine ai dispiegamenti di armi in Ucraina e ritiri le forze dall’Europa orientale. Richiesta al momento respinte.

Stesso in giornata la Russia ha dichiarato di aver sventato un’incursione ucraina oltre il confine, distruggendo due veicoli di fanteria e uccidendo cinque ‘sabotatori‘, ma Kiev ha negato. Le guardie di frontiera infatti hanno smentito di aver bombardato un posto di guardia russo nella regione di Rostov, come denunciato dai Servizi di sicurezza russi. La dichiarazione russa “è una provocazione deliberata”, si legge in una nota delle guardie di frontiera ucraine, citata dalla Cnn, nel quale si fa notare che il preciso luogo dell’attacco non è specificato. Il capo del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino, Oleksiy Danilov, ha intanto affermato che Kiev “non ha nulla a che vedere con questi attacchi”. “I nostri militari possono soltanto rispondere al fuoco se vi è un pericolo per le loro vite. Noi non bombardiamo“, ha affermato.

Intanto resta ancora in stand by l’incontro programmato tra lo stesso Putin e il presidente statunitense Joe Biden, in un ulteriore tentativo di evitare la guerra: la condizione per gli Usa è che la Russia non invada. A lavorare per il vertice è stato il francese Emmanuel Macron, che ha anche parlato con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e il russo Sergei Lavrov s’incontreranno invece giovedì in Europa, sempre a patto che l’invasione non avvenga.

L’Ue, dopo il riconoscimento del Donbass da parte della Russia, ha annunciato nuove sanzioni nei confronti di 65 persone fisiche e 10 entità, e l’alto rappresentante Josep Borrell ha previsto che ne possano seguire altre legate al riconoscimento. Gli Usa hanno anche segnalato all’Onu che Mosca avrebbe compilato una lista di ucraini da uccidere o rinchiudere in campi di prigionia dopo l’eventuale invasione, mentre almeno 60mila persone sono arrivate in Russia, dopo aver lasciato il Donbass. Sarebbero più di 40 le regioni russe che hanno preparato centri di accoglienza per i rifiguati da quelle zone, secondo i media russi.

Le misure annunciate oggi dalla Casa Bianca contro le due regioni separatiste del Donbass sono “separate e in aggiunta alle rapide e forti misure economiche che abbiamo preparato in coordinamento con gli alleati e i partner nel caso la Russia invada ulteriormente l’Ucraina“: lo precisa la Casa Bianca. “Stiamo continuando a consultarci strettamente con alleati e partner, inclusa l’Ucraina, sui prossimi passi e sull’escalation russa lungo i confini con l’Ucraina”, prosegue

 LA GUERRA E IL CASO DONBASS – Il Donbass dal 2014 è territorio di guerra. Da allora sono stati circa un milione e mezzo gli sfollati interni in Ucraina, quasi 14mila i morti del conflitto. Il governo ucraino definisce le due repubbliche auto-proclamate “territori temporaneamente occupati” e chiama il fronte “linea amministrativa”. Il Donbass è costituito da tre “oblast”, l’equivalente delle Regioni italiane in Ucraina: Luhansk, Donetsk e Dnipropetrovsk. Dopo l’invasione della penisola della Crimea nel 2014 – in seguito alla rivoluzione di Euromaidan del 2013 contro la decisione del presidente Viktor Yanukovich di rifiutare un importante patto commerciale con l’Ue, la repressione violenta e la fuga del presidente in Russia – e il referendum considerati illegittimi da gran parte della comunità internazionale, i combattenti filorussi nella regione orientale auto-proclamarono due Repubbliche popolari: quella di Donetsk e quella di Luhansk.
Mosca ha sempre negato, nonostante le evidenze, un intervento diretto. I secessionisti dichiararono l’indipendenza dell’Ucraina e organizzarono dei referendum (l’11 maggio 2014) per entrare a far parte della Russia, come in Crimea non riconosciuti da gran parte della comunità internazionale. Favorevoli all’annessione nella Repubblica di Donetsk l’89%, il 96% in quella di Luhansk. Gli accordi di Minsk (Minsk II) firmati nel 2015 – sottoscritti da rappresentanti di Russia, Ucraina, dai leader separatisti e dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e in seguito approvati da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – non sono mai stati rispettati. Prevedevano il cessate il fuoco, la ripresa del dialogo per le elezioni nelle due auto-proclamate repubbliche popolari, il ripristino dei legami commerciali e sociali e del controllo del confine con la Russia da parte del governo centrale, il ritiro delle forze straniere e dei mercenari, una riforma costituzionale per conferire un’autonomia maggiore al Donbass rispetto a Kiev. Proprio in Donbass si erano esacerbate le tensioni negli ultimi giorni con accuse incrociate di attacchi e azioni militari.

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