Ieri la Polonia, oggi l'Ucraina
Con Putin è tornato Hitler, ma manca un Churchill…
Questa Europa somiglia sempre di più all’Europa del 1938. Allora le popolazioni tedesche dei Sudeti, oggi le due regioni filorusse dell’Ucraina. Entrambe rivendicate: ieri Hitler, oggi Putin. Daladier e Chamberlain, i leader di Francia e Inghilterra, prima dichiarano di voler proteggere la Cecoslovacchia – i Sudeti ne fanno parte – poi abbandonano ogni ipotesi di difesa militare, infine accettano la mediazione di Mussolini e firmano la cessione dei Sudeti alla Germania. È il patto di Monaco, passato alla storia come uno degli errori più grandi compiuto da storiche democrazie nei confronti di un dittatore. Churchill scrisse: «Francia e Gran Bretagna potevano scegliere tra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore, avranno la guerra».
Oggi la guerra c’è già. La Russia ha attaccato uno stato sovrano, i carri stanno circondando Kiev, i missili si abbattono sulle città, è iniziata la conta dei morti. Chi sostiene che bisogna preservare a ogni costo la pace non si è accorto che il fronte orientale è in fiamme. Una guerra vera, non scaramucce di frontiera. Una guerra destinata a ridisegnare i rapporti di forza e, Dio non voglia, ad approfondire la frattura tra democrazie occidentali e regimi autocratici. L’Iran applaude Putin, gli occhi sono puntati sul comportamento della Cina. Anni fa lo scrittore Milan Kundera sostenne che “la guerra in Europa era diventata antropologicamente impossibile”. Sanate le ferite tra Francia e Germania, di guerre continentali non avremmo più sentito parlare. E invece il baratro si è spalancato a oriente. Prima la Cecenia, poi la Crimea, poi la Georgia, poi il conflitto tra Armenia e Azerbajan, infine l’Ucraina. Ovunque c’è Putin.
È tempo per l’Occidente di porsi una domanda: fino a quando? Ancora: l’Ucraina è paragonabile alla Polonia del 1939? Ancora: le sanzioni sono sufficienti o non converrebbe promuovere una risoluzione dell’Onu per inviare in Ucraina reparti di caschi blu? Di più: ha ancora senso parlare di valori universali, di libertà, di autodeterminazione dei popoli, ha senso rievocare chi morì sul fronte della guerra civile spagnola, piangere riascoltando il discorso di Churchill nel 1940 e al contempo preoccuparsi innanzitutto dell’approvvigionamento di gas? Insomma, Kiev val bene una messa o l’Occidente è disposta a sacrificarla?
Sacrificarla sarebbe un terribile errore strategico. Avrebbe riflessi sui paesi confinanti, darebbe l’immagine di una Nato inetta e di una Unione Europea inesistente. Una slavina. Sanzioni sì, ma pesanti e non graduate, economiche e soprattutto finanziarie e bancarie, tali da incidere pesantemente sugli affari dei vertici del regime. Pretendere che non si insedi a Kiev un governo fantoccio. Utilizzare forze speciali sotto l’egida dell’Onu.
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