Donne e motori non sono mai state un combo migliore di Antonia Terzi. Ingegnera prima della Ferrari, poi strappata dalla Williams, è morta in un incidente stradale in Inghilterra. Un drammatico schianto in auto lungo un’autostrada inglese, tragico incidente su cui sta indagando la polizia inglese, come riportato dalla Gazzetta di Modena che ne ha dato il triste annuncio.
Tutto delle sue invenzioni sembrava uscito da un film di fantascienza. Dal muso a “tricheco” della Williams all’avveniristico “superbus”, una specie di affusolatissimo «siluro» su ruote capace di trasportare i passeggeri sfrecciando a oltre 250 chilometri orari.

“Genius”, “mente fervida”, “pioniera tra le donne in ruoli tecnici”, sono questi gli aggettivi che si susseguono nella lunga catena di messaggi di cordoglio in tutto il mondo automobilistico. E dal team Williams esprimono, tramite un tweet, anche il cordoglio ufficiale: “Siamo profondamente rattristati di apprendere della scomparsa della nostra ex collega e capo aerodinamica, Antonia Terzi. Il nostro pensiero va agli amici e alla famiglia di Antonia in questo momento difficile”.

Antonia era nata e cresciuta a Modena dove si era laureata in ingegneria quando il mondo dei motori era forse ancora molto distante dalle donne. Da giovanissima approdò nella scuderia del cavallino rampante. Erano gli anni in cui la Ferrari dominava con Jean Todt al comando e Michael Schumacher al volante.

Antonia a Maranello era stata per cinque anni, lavorando fianco a fianco con Nicolas Tombazis, allora responsabile della galleria del vento. Quando, neanche 32enne, passò alla Williams, in Emilia cercarono di minimizzare il colpo di mercato, sostenendo che la defezione non avrebbe indebolito la “rossa”.

“È una ragazza valida, molto tenace e determinata» ebbe a dirne alla Gazzetta dello Sport sir Frank Williams che le affidò la responsabilità del dipartimento aerodinamico del team. Fu la sua fantasia a partorire l’idea innovativa del “muso a tricheco” della FW26. In sintesi: attacchi delle sospensioni sporgenti dalla scocca, per avere un maggiore passaggio d’aria nella parte inferiore. Un bolide non bellissimo esteticamente, ma con sano pragmatismo l’ingegnera sostenne di non preoccuparsi “per l’impatto estetico. Per me una macchina è bella quando funziona, quando ha una sua logica costruttiva e offre buone prestazioni”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.