Il presidente Ebrahim Raisi, “martire in servizio”, l’uomo che ha favorito l’esecuzione di migliaia di prigionieri politici dopo la fine della guerra Iran-Iraq nel 1988, è morto. E con lui tutte le vittime dell’incidente aereo, compreso il ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian. La conferma arriva dal governo della Repubblica islamica dell’Iran. Il vice Mohammad Mokhber assume l’interim della presidenza.
La Guida Suprema Alì Khamenei, ufficializzando la nomina, ha ricordato a Mokhber l’articolo 131 della Costituzione: “È tenuto ad adottare misure affinché il nuovo Presidente della Repubblica sia eletto entro cinquanta giorni al più tardi”.
Un impegno che il presidente ad interim porterà a termine assieme al Consiglio dei Guardiani della rivoluzione. Nel frattempo, il viceministro Ali Bagheri Kani guiderà la diplomazia iraniana fino alla formazione del nuovo governo. “Seguiremo il percorso del presidente Raisi nell’adempiere ai compiti assegnati senza alcuna interruzione”, conferma subito Mokhber, che ieri mattina ha partecipato a una riunione d’emergenza del governo e dei tre massimi esponenti del potere esecutivo, legislativo e giudiziario del Paese.

Il neo presidente è stato una delle prime nomine di Raisi quando è stato eletto presidente nell’agosto 2021 e ha raggiunto la sua fortuna gestendo per anni gran parte delle finanze del leader supremo, l’ayatollah Khamenei. È uno dei massimi esperti impegnati nella gestione di un’economia di “resistenza” per mantenere a galla l’Iran e far fronte a tanti anni di sanzioni globali. Grazie a questa posizione si è reso protagonista di elargizioni clientelari e pratiche corruttive con le quali ha controllato vari collegi elettorali vicini ai massimi leader del regime.
Nel 2010, l’Unione Europea ha sanzionato Mokhber per il coinvolgimento in “attività relative ai missili nucleari o balistici”. Sempre nel 2010 gli Stati Uniti hanno designato la Sina Bank, gestita da Mokhber, come ente di proprietà del governo iraniano.

Successivamente, nel 2018, il Dipartimento del Tesoro americano ha sanzionato la Sina Bank per il suo sostegno al terrorismo e per aver finanziato i Basij, un’unità paramilitare volontaria all’interno del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, organizzazione terroristica segnalata su indicazione dell’United Against Nuclear Iran (UANI), l’organizzazione bipartisan e no profit nata per “impedire all’Iran di diventare una superpotenza regionale dotata di armi nucleari”.
Nel novembre 2020, gli Stati Uniti hanno sanzionato la Fondazione Mostazafan (anch’essa in passato gestita da Mokhber) che possiede la maggior parte delle azioni della Sina Banks e che, tramite le sue affiliate, espropria la ricchezza dei cittadini iraniani.

Per quanto vicino a Khamenei, non è chiaro se Mokhber avrà la stessa posizione di Raisi. “Eletto nelle elezioni meno democratiche che la Repubblica islamica abbia mai avuto, Raisi ha sempre lavorato per la Guida Suprema”, osserva Ori Goldberg, studioso della rivoluzione iraniana della Reichman University di Herzliya, nel distretto di Tel Aviv.
Quale che sia il successore – e di sicuro sarà un ultra-conservatore – “il presidente della Repubblica islamica è un attuatore, non un decisore, pertanto i fondamenti delle politiche iraniane rimarranno gli stessi”, spiega Jason Brodsky, direttore di United Against Nuclear Iran. Teheran ispira gran parte del terrorismo e dell’instabilità in Medio Oriente, per non parlare del cruciale sostegno militare alla guerra della Russia contro l’Ucraina. “La vostra posizione sulle questioni internazionali è sempre stata rispettata da noi. A Dio piacendo, d’ora in poi stabiliremo una crescente cooperazione tra Teheran e Mosca sullo sfondo dell’approfondimento e del rafforzamento della cooperazione tra i due paesi”, ha garantito ieri Mokhber in una conversazione con il presidente russo Vladimir Putin, riportata dall’agenzia Tasnim, controllata dalle Guardie della Rivoluzione.
Infine, “è certo che gli sforzi dell’Iran per danneggiare Israele e spingere gli Usa fuori dalla regione continueranno”, assicura Lazar Berman, reporter diplomatico del quotidiano Times of Israel.

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