È libero, dopo 33 anni di carcere, Beniamino Zuncheddu. I giudici della Corte di Appello di Roma, al termine del processo di revisione hanno assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” l’ex allevatore condannato all’ergastolo come responsabile della strage di Sinnai dell’8 gennaio del 1991. All’epoca dei fatti, Zuncheddu aveva 27 anni: fermato dopo pochi giorni venne subito coinvolto in un calvario giudiziario la cui parola fine è arrivata solo dopo 33 anni.

I fatti

La situazione è senza precedenti: Zuncheddu fu accusato di essere coinvolto in una strage avvenuta nelle montagne di Sinnai  presso Cuili is Coccus, in cui tre pastori persero la vita e un quarto individuo rimase gravemente ferito. In brevissimo tempo, l’assassino a bordo di uno scooter compì il suo efferato gesto, prima uccidendo Gesuino Fassa (56 anni), che si trovava nella via d’accesso all’ovile, successivamente, facendo ritorno verso l’area del recinto degli animali, il kliller aprì il fuoco in direzione del figlio Giuseppe. Ignazio Pusceddu (55 anni) invece, perse la vita mentre si trovava all’interno di una baracca insieme a Luigi Pinna.

A far condannare all’ergastolo in via definitiva Beniamino Zuncheddu furono proprio le dichiarazioni dell’unico superstite della strage: il supertestimone Pinna (la cui attendibilità  ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu). Pinna in un primo momento raccontò che il killer aveva il viso travisato da una calza, poi invece indicò con certezza Zuncheddu come assassino, nel febbraio di quell’anno. Gli inquirenti – all’epoca dei fatti – fecero subito affidamento su dissidi tra gli allevatori della zona (la famiglia Fadda, quella degli Zuncheddu, e la famiglia di Burcei, che gestivano un altro ovile).

Nel corso del processo di revisione lo stesso Pinna venne riascoltato. Davanti ai giudici non cambia versione, poi – in macchina – non sapendo di essere intercettato, confessò alla moglie: “Mi volevano far dire che Marieddu  mi ha fatto vedere la fotografia prima. Loro hanno capito che è veramente così, ed è la verità”. Marieddu era Mario Uda, un agente di polizia che gli mostrò la foto di Zuncheddu: “Mi disse che il colpevole della strage era lui – confessò successivamente Pinna -, ho sbagliato a dargli ascolto”.

La Corte d’Appello, al termine del processo di revisione, ha, accolto le richieste del procuratore generale, Francesco Piantoni. A rimettere insieme i pezzi della vicenda giudiziaria, così piena di ombre, è stata Francesca Nanni, allora procuratrice generale della Corte d’appello di Cagliari (oggi di Milano), che insieme all’avvocato Mauro Trogu, ha demolito il castello di menzogne utilizzato per condannare all’ergastolo il giovane allevatore

Le reazioni e le parole di Zuncheddu

L’assoluzione arriva dopo una camera di consiglio durata alcune ore, con verdetto accolto tra l’emozione dei tanti presenti in aula, compreso lo stesso Zuncheddu, già in libertà dallo scorso 25 novembre, data in cui i giudici di Roma avevano sospeso la pena: “Non provo rabbia. Ho sempre sognato arrivasse questo momento”, ha dichiarato l’ex allevatore visibilmente emozionato in conferenza stampa. “Per me è la fine di un incubo che desideravo dal primo giorno. Mi sento di dover dire grazie al partito radicale, a chi mi sta intorno, ai miei familiari, al mio paese. Non so dire come immagino la mia vita ora. Desideravo avere una famiglia, costruire qualcosa, essere un libero cittadino come tutti. Trent’anni fa ero giovane, oggi sono vecchio. Mi hanno rubato tutto. Mi sentivo come un uccellino in gabbia senza la possibilità di poter fare niente, non avevo nemmeno voglia di urlare perché non sapevo cosa stesse succedendo, neppure oggi ho capito perché lo hanno fatto, sono errori che fanno i giudici. In carcere mi dicevano sempre: ‘se ti ravvedi ti diamo la libertà’. Però non ho accettato, perché non c’entro niente, perché mi dovrei ravvedere se non ho fatto nulla?. Adesso mi riposerò, almeno mentalmente”.

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