Follow the money, ha insegnato Giovanni Falcone. Quando si decide che un’organizzazione criminale deve essere smantellata, l’unica condizione è chiudere tutte le fonti di approvvigionamento e finanziamento. Israele ha sospeso in queste ore la fornitura di acqua, luce e gas ai due milioni che popolano la striscia di Gaza. Israele chiede da tempo aiuto ai paesi amici di aiutare a chiudere i canali di finanziamento senza i quali Hamas e i due milioni che popolano la Striscia non potrebbero vivere. Soldi illegittimi nel momento in cui Hamas risulta sulla black list delle organizzazioni terroristiche.
L’Unione europea ha inserito da tempo Hamas in quella lista nera. Ma far chiudere le organizzazioni che, grazie a coperture fanno pervenire quei soldi, è un’operazione meno semplice. A giugno scorso, ad esempio, Tel Aviv ha chiesto una serie di sequestri di denaro in tutto il mondo per un valore di circa un milione di euro. Dagli Stati Uniti all’Italia. In agosto in Olanda era finito in manette Amin Abou Rashid e la figlia Issa: a capo della Stichting Israa (“Fondazione Israa”) con sede a Rotterdam, hanno, secondo l’accusa, trasferito 5,5 milioni di euro ad Hamas.

In quella stessa richiesta c’era anche l’Italia con una serie di nomi e società di copertura che sono stati consegnati alla nostra intelligence, all’antiterrorismo e alle procure. Al momento in Italia non è successo ancora nulla. Qualcosa potrebbe cambiare a breve. Nel colloquio telefonico che Giorgia Meloni ha avuto sabato con Benjamin Netanyahu, il leader israeliano è tornato a chiedere aiuto nel chiudere i canali di finanziamento.
Il caso italiano riguarda un noto architetto palestinese alla guida di una associazione culturale con sede a Genova già più volte negli anni passati (2008 e 2021) finito al centro di indagini analoghe. La procura di Genova non ha mai trovato però evidenze penali.
In base all’atto consegnato alle forze di polizia italiane, un provvedimento di tre pagine, i fondi movimentati dall’organizzazione umanitaria “sono di proprietà, o comunque sono una ricompensa, di un’organizzazione terroristica”, cioè Hamas, e per questo “vanno sequestrati”. Nella disponibilità dell’architetto palestinese e della sua organizzazione ci sarebbero cinquecentomila euro.

Ora il punto è che l’architetto vanta ottime e alte amicizie anche con politici italiani. Ambiente 5 Stelle e sinistra. A gennaio aveva accompagnato una deputata 5 Stelle e un ex deputato 5 stelle in Libano per visitare i campi profughi palestinesi. Una missione a scopo umanitario. Tra le tappe del viaggio anche il campo profughi di Ein el Hilweh, alla periferia di Sidone, una delle roccaforti di infiltrazione degli jihadisti.
Il più potente finanziatore di Hamas è l’Iran che invia circa cento milioni di dollari l’anno. La grande divergenza di fondo – l’Iran è sciita, i palestinesi sono sunniti – viene superata col fatto che il nemico è comune: lo Stato di Israele. Anche il Qatar risulta tra i paesi finanziatori. L’Arabia Saudita sta cercando di spezzare questo legame. Gli Emirati siedono, dal 2020, al tavolo con Israele, mediatore Washington, degli “Accordi di Abramo”.
Negli anni la vera forza di Hamas è diventata questo reticolo di associazioni benefiche di solidarietà per il popolo palestinese. Il flusso di danaro in entrata aumenta in occasione di episodi di guerriglia che provocano sempre un dibattito politico molto acceso. Ecco perché questa volta, anche in Italia, la situazione potrebbe cambiare. In queste ore L’Unione Europea ha deciso di sospendere “in attesa di verifica” i fondi destinati ai palestinesi, 691 milioni di euro, destinati ai “programmi di assistenza”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.