L'intervista a Filippo Blengino, Segretario di Radicali Italiani
Codice della strada, guidatori sobri e riforme poco lucide: “È una lotta ideologica alle droghe, ecco perché mi sono autodenunciato”

Abbiamo intervistato Filippo Blengino, Segretario di Radicali Italiani, sulla riforma del codice della strada.
Il 14 dicembre 2024 è entrato in vigore il nuovo Codice della Strada, che prevede una stretta sull’uso di sostanze stupefacenti: non è più necessario dimostrare che il conducente sia effettivamente in uno stato di alterazione psicofisica, ma è sufficiente rilevare la presenza di tracce di stupefacenti, indipendentemente dalla prova del loro effetto alterante al momento dell’accertamento. Una nuova forma di proibizionismo?
Assolutamente sì. Prima della riforma veniva giustamente vagliato lo stato psicofisico del guidatore, mentre il fatto che oggi una persona sia sottoposta a test ed esami e risulti positiva al THC pur avendo fumato giorni prima è follia pura, anche considerando che non c’è alcun pericolo concreto per la sicurezza stradale. È evidente allora che l’unico obiettivo della norma sia quello di una lotta ideologica alle droghe: una scelta dannosa, oltre che inefficace.
Radicali Italiani ha risposto con un atto di disobbedienza civile. In cosa è consistito?
La mattina del 23 dicembre, dunque pochi giorni dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della Strada, mi sono messo alla guida. Avevo fumato due giorni prima, dunque ero in uno stato di completa lucidità, com’è ovvio che sia. Ho individuato una pattuglia delle forze dell’ordine, mi sono fermato e mi sono autodenunciato, ma c’è stata un’enorme confusione iniziale: i test non li avevano e non era neppure chiaro come si dovesse procedere. Ho reso una denuncia in commissariato, mi è stata ritirata la patente e poi sono stato condotto in ospedale per le analisi del sangue e delle urine, che sono risultate positive. Sarà ora il Prefetto a decidere la sanzione e la durata della sospensione della patente. Nel frattempo andrà avanti anche il procedimento penale, per il quale mi è stato chiesto di nominare un difensore di fiducia.
Confidate in una pronuncia di incostituzionalità?
La speranza è di arrivare dinanzi ad un Tribunale e che questo rimetta la questione di legittimità alla Corte Costituzionale. Ci stiamo muovendo con degli avvocati e confidiamo in un percorso positivo.
Con la nuova formulazione non sembrano operarsi distinzioni neppure per i soggetti che facciano uso di cannabis a fini terapeutici. Inoltre, prima ancora della Riforma del Codice della Strada, già il DDL Sicurezza, vietando la commercializzazione della Cannabis sativa L., ha esplicitato una durissima politica repressiva: anche la cannabis light sarebbe in grado di “favorire, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore, comportamenti che espongano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale”. Che quadro si sta delineando?
Il quadro è quello di una propaganda sterile, ma anche dannosa: d’altronde con la stretta alla cannabis light si è data una botta enorme a un settore che crea impresa e posti di lavoro, che paga le tasse e che è in espansione. E questo ancora una volta in nome di un’ideologia folle. Oltre all’aspetto propagandistico anche qui mi pare non ci sia nulla di concreto: l’ennesima lotta alle “droghe” gestita male.
Da un lato, quindi, le strette sulle sostanze – persino quelle inoffensive o quelle terapeutiche – aumentano. Dall’altro, l’alcool, che secondo le statistiche ha una correlazione di gran lunga maggiore con gli incidenti stradali, resta sostanzialmente tollerato se assunto in quantità non eccessive. È una politica condivisibile?
L’alcool è sicuramente un tema, ma non l’unico, perché già emergono contraddittorietà su molti altri fronti: pensiamo alle droghe pesanti che non vengono rilevate dai test (per esempio il fentanyl) e ad alcuni farmaci come ansiolitici ed antidepressivi che, secondo i primi rilievi della Società italiana di psichiatria, sembrerebbero dare falsi positivi. E non dimentichiamo che i test di polizia e carabinieri sono diversi tra loro per efficacia e precisione, con il rischio di una forte disparità nelle rilevazioni. Insomma, una politica non condivisibile e che fa danni.
Dal 16 gennaio 2024 Bologna è una città 30: su buona parte delle strade il limite di velocità è stato abbassato a 30 km/h. La destra si è opposta con una raccolta firme per indire un referendum contro il limite di velocità. Eppure i primi dati sono positivi: gli incidenti e le vittime della strada sono in calo. Sembrerebbe un approccio diverso, ma che forse fa meno “rumore”?
L’esperimento di Bologna, condivisibile o meno, si commenta da solo quanto agli effetti concreti di una scelta di intervenire sul fenomeno. Al contrario, con il nuovo Codice della Strada si va a restringere le maglie su qualcosa che non uccide, senza invece intervenire davvero per prevenire le morti. Ancora una volta si vuole trasmettere un’idea, e poco importano i risultati.
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