Comparazioni
Prescrizione, come funziona all’estero. La favoletta dell’Italia mollacciona e lassista

Nostalgia canaglia. Proprio quella cantata dagli inossidabili Al e Romina Bano e sorprendentemente esplosa, in noi, per le idee nutrite sulla prescrizione del reato, nientemeno che da un ministro noir come Alfredo Rocco. Molti ignorano che quell’arcigno alfiere della morte come pena, soffocò le pulsioni della commissione che aveva redatto il progetto preliminare del Codice penale del 1930: licenziando il testo definitivo, il Guardasigilli rimosse il previsto ostacolo alla decorrenza della prescrizione (addirittura) dopo la citazione in giudizio. E rimase fedele alla «nostra tradizione legislativa, secondo la quale la prescrizione del reato può verificarsi sino al momento in cui si ha una sentenza irrevocabile». Prevalse, insomma, la tesi che «la forza edace del tempo» non fosse impedita dal rinvio a giudizio, rivelandosi la statolatria fascista (sul punto, beninteso) più illuminata di certi pensieri en vogue ai tempi della Folie Bonafede, e assertivi di soluzioni ben peggiori della “bomba atomica” tutt’oggi innescata.
La comparazione geografica
Alla comparazione storica, affianchiamo quella geografica: per rivelare qualche segreto ai lettori più profani di PQM, gettiamo lo sguardo – occhi fissi al 2020 – su qualche ordinamento europeo in cui, a detta di famose magistar, la malabestia non sarebbe stata contemplata. In Francia la prescrizione esiste e scatta, decorrendo dalla commissione del fatto, per i crimini dopo 20 anni; per i delitti dopo 6 anni; per le contravvenzioni dopo 1 anno. Va subito chiarito che per crimini si intendono quei reati per cui è prevista la pena della reclusione superiore a 15 anni o l’ergastolo; essi sono di competenza della Cour d’assises (composta da 3 magistrati professionali e 9 membri di giuria). Per capirci, la corruzione non vi rientra, trattandosi di delitto che nelle ipotesi più gravi è sanzionato nel massimo con 10 anni di reclusione (dunque si prescrive in 6 anni!). Esistono, naturalmente, reati imprescrittibili, ma anche eccezioni verso il basso: es., la diffamazione, che si prescrive in 3 mesi o al massimo 1 anno, se riguardi casi di razzismo, sessismo, omofobia. In Spagna, ad esclusione dei reati imprescrittibili, gli illeciti penali più gravi – di regola – si prescrivono in 20 anni. Non difettano, però, eccezioni significative, per cui l’estinzione scatta in 5 anni o in 1 anno: in quest’ultimo, ridottissimo termine, si prescrive ad es. la calunnia (da noi occorrono minimo 6 anni, prolungabili se si verificano atti interruttivi). Le contravvenzioni iberiche si prescrivono in 6 mesi, da noi in 4 anni (5 anni, se la prescrizione è interrotta).
Truffe delle etichette
È vero che vi sono sistemi in cui la prescrizione sostanziale non esiste, ma onestà intellettuale impone di evitare truffe delle etichette. Dove l’azione penale è discrezionale, solitamente la discrezionalità assorbe la prescrizione perché i time limits operano nei confronti dell’azione penale, come accade nel Regno Unito e, varcando l’oceano, negli USA. La sostanza regolativa è la stessa: in UK, per le summary offences (vale a dire i reati che non vengono giudicati dalla giuria) il tempo limite ordinario per instaurare il processo è di 6 mesi. In USA, i time limits previsti dai vari Stati sono in genere molto brevi: 5 anni per rapine, furti, stupri, ecc.; 2 anni per i delitti meno gravi e 1 anno per gli illeciti minori.
Senza contare che negli ordinamenti anglosassoni, oltre alla prescrizione dell’azione penale, è prevista quella del processo, quando si contravvenga al principio dello speedy trial. Conclusione: la favoletta di una legislazione italiana mollacciona e lassista, fatevela raccontare dai troppi fan del penale-spazza. E ridateci Crono, ché altrimenti riparte la playlist dei Carrisi da Cellino San Marco.
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