Con Raffaele Fitto vicepresidente esecutivo della Commissione Ue vince la Meloni, perde la Schlein. In attesa delle valutazioni dei prossimi giorni sui singoli commissari da parte degli eurodeputati, la nuova compagine presentata dalla presidente Ursula von der Leyen riconosce al governo italiano il ruolo di prestigio. Le deleghe di Fitto sono state sforbiciate ma ciò non smentisce il peso dell’Italia.

Pd vota contro Fitto?

Ora, per il Partito democratico, la scelta si fa complicata. Votare contro Fitto sarebbe percepito come un voto contro il paese: soluzione completamente fuori dalla cultura istituzionale di ciò che è stato, almeno finora, il Pd. Allo stesso modo è molto difficile accusare di sovranismo e anti-europeismo uno come Fitto, politica di impronta squisitamente democristiana, già artefice nel Parlamento europeo della svolta moderata di Meloni alla guida dell’Ecr (gruppo che si è distinto dagli eccessi sovranisti della destra estremista), infine attuatore silenzioso del Pnrr, lo strumento che l’Ue ha messo a disposizione dell’Italia per favorirne la ripresa dalla batosta pandemica ed economica.

Così le armi retoriche degli esponenti dem sparano a salve. “Nasce una Commissione conservatrice, specchio dei governi europei di questo momento. Un passo indietro. Ci impegneremo in Parlamento per garantire un’Europa più forte e più umana. Il commissario Raffaele Fitto si liberi dalla retorica anti-europeista del governo che lo ha indicato”, dice per esempio Nicola Zingaretti, capodelegazione degli eurodeputati del Pd nel Parlamento europeo. Ma sa benissimo che il Pd non può avventurarsi in un voto contro la Commissione, visto peraltro che l’Eurogruppo dei socialisti è un pilastro della maggioranza von der Leyen: se venisse meno, il crollo della maggioranza Ursula sarebbe inevitabile, con grave danno per la tenuta delle istituzioni europee. Da buon democristiano, Fitto non è mai stato sfiorato da dubbi sull’europeismo e – del resto – la scelta di Meloni è ricaduta su di lui proprio per esibire la patente di europeista.

L’esempio Decaro: “Fitto interlocutore attento”

Lo stesso Antonio Decaro, già sindaco di Bari e oggi eurodeputato Pd, riconosce che con Fitto l’Italia è “rappresentata da un esponente del governo qualificato e capace di interloquire senza forzature ideologiche”. Decaro conosce Fitto “da più di vent’anni, oltre ad essere italiani siamo anche entrambi pugliesi, da sempre abbiamo lavorato su fronti e schieramenti politici opposti ma quando si è trattato di collaborare per il bene del paese e dei Comuni italiani ho trovato in lui un interlocutore attento e disponibile”. Aggiunge Decaro: “La delega alla Coesione è strategica per l’Italia e per tutti i paesi del Sud dell’Europa che anche Fitto conosce molto bene”.

Le parole di circostanza di Giuseppe Provenzano, responsabile Esteri nella segreteria nazionale del Pd, lasciano il tempo che trovano: “Ascolteremo Fitto in audizione, vedremo cosa dirà, perché le cose che Meloni ha sostenuto alle elezioni europee non fanno bene né all’Europa né all’Italia. Ma ora sciolgano le contraddizioni, sono al governo europeo e non hanno più alibi”.

Le contraddizioni dem

La verità è un’altra. Dopo l’assist di von der Leyen a Meloni, è proprio il Pd che deve sciogliere le sue contraddizioni. Prima di tutto interne, vista la varietà di sensibilità nascoste sotto la coperta dell’unità schleiniana. Ma anche di coalizione, visto che gli alleati co-fondatori del campo largo – Avs e M5S – già promettono guerra non solo contro Fitto, ma perfino contro von der Leyen, mentre Italia Viva lascia intendere che voterà senza tentennamenti per la nuova Commissione. In una nota i parlamentari pentastellati criticano “la riproposizione del messia dell’austerity Dombrovskis all’Economia”, nonché “la nomina di un falco della linea bellicista contro la Russia come il lituano Kubilius alla Difesa, che va ad aggiungersi alla estone Kallas agli Esteri nota per le sue viscerali posizioni anti-russe”. Pasquale Tridico, capodelegazione del M5S a Strasburgo, proprio ieri ha attaccato Draghi e la sua agenda perché chiede Eurobond per la Difesa e gli ha contrapposto un programma di populismo sociale.

La linea sovranista di sinistra del M5S è chiara: Stato spendaccione e assistenzialista in patria, niente aiuti all’Ucraina che può essere sacrificata alla volontà di potenza di Putin. Proprio mentre Meloni gongola, tenere insieme questo guazzabuglio sarà la mission impossible di Elly Schlein.

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