Onorevole Anzaldi, sul caso della scorta del presidente del Consiglio Conte usata dalla sua compagna per evitare un’intervista delle Iene la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha risposto in Aula alla Camera e secondo alcuni avrebbe chiuso il caso. Che ne pensa?
La ministra è stata molto precisa e ha dato, finalmente, elementi di chiarezza. Non credo che abbia chiuso il caso, anzi lo ha aggravato. Intanto ha confermato che il ruolo degli uomini della scorta di Conte è stato esclusivamente quello di impedire al giornalista delle Iene di fare il suo lavoro, ovvero di intervistare la compagna del premier, un’imprenditrice proprietaria di uno dei più lussuosi alberghi romani finito spesso all’onore delle cronache e, scopriamo oggi dal quotidiano ‘La Verità’, titolare di un vastissimo patrimonio immobiliare. Un comportamento gravissimo contro la libertà di stampa. Ma soprattutto la ministra ha svelato un grave tentativo di depistaggio e disinformazione. Lamorgese, infatti, ha smentito che esista alcuna ‘relazione di servizio’ sul caso, ma solo un ‘appunto informativo predisposto a seguito della pubblicazione di alcuni articoli di stampa’. In pratica, quindi, non c’è alcuna relazione ufficiale presentata dagli agenti, ma solo gli elementi per un comunicato stampa”.

Perché questo punto lo reputa importante?
Quando nella serata di domenica 29 novembre è uscita sulle agenzie di stampa la notizia dell’indagine, senza peraltro che nessun lancio abbia riportato la vera notizia, ovvero che Conte era indagato come hanno scritto alcuni quotidiani la mattina seguente, le agenzie hanno immediatamente diffuso anche una presunta ‘relazione di servizio al ministero dell’Interno’ con gli elementi a discolpa degli agenti, peraltro con un sapiente taglia e cuci solo di alcune notizie che tendevano a minimizzare l’accaduto. Con l’intervento di ieri in Aula alla Camera, la ministra ha spazzato via questa ricostruzione lacunosa e tendenziosa, dicendo che non c’era stata alcuna relazione. Quindi è stato diffuso un falso, è stata data una falsa notizia. Uno scenario grave, se sono coinvolti uomini delle istituzioni”.

Secondo lei chi ha diffuso quella inesistente “relazione di servizio” alla stampa?
Non lo so, ma sarebbe importante appurarlo e mi auguro che lo facciano i magistrati. Le agenzie hanno parlato di ‘fonti informate’, senza svelarne l’identità. Secondo il sito Dagospia, tra i primi a sollevare il caso con la pubblicazione del video della compagna di Conte, sarebbe stato il portavoce del presidente del Consiglio Casalino a far uscire quella notizia. Di certo c’è stato un vero e proprio tentativo di depistaggio, di cui sono cadute vittima proprio le agenzie di stampa e a seguire tutte le testate di informazione, perché in quel momento non esisteva alcuna relazione di servizio sui fatti accaduti. Questo dovrebbe farci aprire una riflessione proprio sulle fonti di informazione primaria, le agenzie”.

Che tipo di riflessione?
Tra le fonti di finanziamento più rilevanti per le agenzie di stampa ci sono i contributi che arrivano dalla presidenza del Consiglio. E’ giusto che lo Stato finanzi l’informazione primaria, perché da essa dipende gran parte dell’informazione, però per evitare rischi distorsivi che portino le agenzie a subire pressioni dalla presidenza del Consiglio o da membri del Governo o che magari ne venga minata l’indipendenza, credo che sarebbe più opportuno che le convenzioni fossero decise e siglate dal Parlamento, che rappresenta tutti gli italiani e non solo una parte, in modo trasparente e senza il rischio che il presidente del Consiglio di turno, o magari qualche suo solerte collaboratore, usi il suo potere per influenzare l’informazione primaria. Così come le sentenze della Corte Costituzionale prevedono che il Governo stia lontano dalla Rai, lo stesso dovrebbe valere per l’informazione primaria”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia