Le stagioni politiche si susseguono rapidamente, le classi dirigenti cambiano altrettanto frettolosamente e le stesse culture politiche sono sempre più balbettanti. Eppure, alcuni vecchi tic non sono mai scomparsi. Anzi, sono sempre presenti e riemergono come un fiume carsico ogniqualvolta si presenta l’occasione. È il caso della concezione che si ha del sindacato. Nello specifico, la profonda e storica differenza tra ciò che pensa l’antico sindacato “bianco”, cioè la Cisl e, al contrario, la prassi concreta che caratterizza invece il tradizionale sindacato “rosso”, ovvero la Cgil.

Ora, non è un mistero per nessuno che la “cinghia di trasmissione” è il postulato essenziale che da sempre contraddistingue il comportamento concreto della Cgil nella vita pubblica italiana. Un sindacato importante e fortemente rappresentativo nel nostro paese a livello politico, sociale, professionale e culturale che è sempre stato il braccio organizzativo della sinistra politica. Per quasi 50 anni del Partito Comunista Italiano e poi di tutti i partiti che sono nati lungo la nota filiera Pci/Pds/Ds/Pd. Con qualche fisiologica e del tutto naturale incomprensione durante questo percorso. Cioè un sindacato che, del tutto legittimamente, svolge un ruolo decisivo per riaffermare con forza e determinazione le ragioni politiche della sinistra. E, non a caso, con il nuovo corso del Pd della Schlein da un lato e il forte protagonismo politico, se non addirittura partitico, del segretario generale della Cgil Landini dall’altro c’è un perfetto ritorno del passato che non tramonta. Con l’unica incognita che non si sa bene chi detta l’agenda politica in quel campo. E cioè, se sia la Cgil che indica le priorità e il partito condivide e segue o se sia il partito che concorda con il sindacato il progetto da portare avanti.

Tra autonomia e contrattazione

Comunque sia, per farla breve, è il pieno ritorno della storica ed organica “cinghia di trasmissione” tra il principale partito della sinistra italiana e il forte e potente sindacato “rosso”. Tutt’altra concezione quella della Cisl. Perché da Pastore a Macario, da Storti a Bonanni, da Marini a D’Antoni, da Carniti a Pezzotta, dalla Furlan all’attuale segretario generale Sbarra, le due parole d’ordine del sindacato “bianco” sono sempre state “autonomia” dalla politica e centralità della “contrattazione”. A livello locale come a livello nazionale. Due tasselli che hanno accompagnato l’intera storia della Cisl e che ha permesso a questo sindacato, popolare e democratico, di concentrare l’attenzione esclusivamente sui contenuti senza farsi abbagliare e condizionare dalle pregiudiziali politiche e di schieramento.

La posizione corretta

E proprio le vicende di questi giorni con lo sciopero generale proclamato dalla Cgil e la precettazione decisa dal Ministro dei Trasporti Salvini, ha visto la Cisl mantenere una posizione di rara correttezza. Non interessata alla contestazione politica pregiudiziale contro il governo di centro destra e che ragiona e si confronta esclusivamente sui contenuti e sul merito. Insomma, un sindacato che fa del riformismo la sua bussola di riferimento. Sì alle riforme ma con gradualità e al contempo con determinazione. Anche così, e soprattutto, si difendono e si promuovono gli interessi dei lavoratori, dei ceti popolari e dei ceti meno abbienti.
Insomma, due concezioni diverse se non addirittura politicamente alternative. È bene saperlo ogniqualvolta si parla del ruolo, peraltro fondamentale e decisivo in un sistema democratico, del sindacato nella società contemporanea.