Tutti sappiamo e molti ricordano che il 13 maggio del 1981 il Papa polacco Karol Wojtyla fu colpito su piazza San Pietro da due proiettili sparati da un killer turco che diventò famoso: Ali Agca. È una storia di proporzioni colossali che però ancora sfuggono all’opinione pubblica e le cui conseguenze sono ancora percepibili e non soltanto in Vaticano. Se il Papa fosse morto, probabilmente sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale, perché l’assassinio del capo del mondo cattolico sulla piazza più nota della sua piccola nazione, eseguito da un uomo che confessò immediatamente al giudice istruttore di avere agito su commissione dei servizi segreti bulgari a loro volta esecutori di direttive sovietiche, avrebbe potuto costituire un casus belli. Ma il Papa non morì e lui stesso gridò e sebbene mutilato e malconcio, seguitò a fare il suo mestiere.

Ma davvero possiamo essere sicuri che il killer fosse stato mandato da Mosca? Tutti lo immaginarono al momento dell’attentato, ma mancavano le prove. Era agli atti la dettagliata confessione con nomi cognomi e circostanze di Ali Agca, ma a vennero a Roma due improbabili giudici militari bulgari che chiesero di poterlo vedere. Uno di loro andò a prendere un caffè al bar con il magistrato, mentre l’altro rimase a colloquio con Ali Agca che, non appena i due bulgari lasciarono gli uffici della procura, dichiarò di essere la reincarnazione di Gesù Cristo, e assunse le sembianze di uno schizofrenico in preda a continue allucinazioni mistiche rendendo così invalide e inutili le dettagliate confessioni già messe a verbale. Ma una volta accertato che il Papa sarebbe sopravvissuto, oltre ai sovietici scese in campo anche l’intelligence americana per impedire che l’intera verità emergesse per evitare che un miliardo di cattolici indignati innescassero una escalation che mettesse a rischio la pace.

Del resto, chi poteva provare con certezza che il Papa polacco era sfuggito ad una esecuzione decretata dal governo della superpotenza comunista? Una circostanza documentale esisteva e fu rintracciata durante i lavori della commissione: un documento interno del Comitato centrale firmato da tutti i suoi membri, fra cui uno sconosciuto Michail Gorbaciov, affermava che l’elezione al soglio pontificio di un noto provocatore cattolico molto popolare, richiedeva l’adozione di ogni “misura attiva” che si rendesse necessaria. Le inchieste e i processi furono inquinati fin dall’inizio da un profluvio di notizie confuse e contraddittorie per ridurre l’attentato politico ad una oscura trama di estremisti di destra turchi, i Lupi grigi, in combutta con altri attori che agivano nell’ombra per cui processi e indagini furono concluse con un nulla di fatto e alla condanna del solo. Agca sempre in preda ad allucinazioni. Una volta condannato, Agca ricevette in cella la visita dello stesso Papa, poi fu liberato. Era il 1981 ed era cominciata l’erosione dell’impero sovietico traballante per la disfatta in Afghanistan e per il collasso causato dall’eccessiva spesa militare.

Molti anni dopo Karol Wojtyla, che aveva sempre detto di escludere i bulgari da qualsiasi responsabilità, in un libro intervista disse di sapere la provenienza dei due proiettili che sfiorarono la sua aorta. Di fronte a quella ammissione a tanti anni di distanza, la Commissione bicamerale d’inchiesta (venti deputati e venti senatori di tutti i partiti) di cui ero presidente e che autorizzava ad indagare tutti i casi di sospetta ingerenza sovietica sul suolo italiano, votò su proposta del commissario Enzo Fragalà un supplemento di inchiesta su quell’attentato. La verità venne fuori senza altri ostacoli che la continua derisione della maggior parte dei giornali italiani. Ma non così si comportò la stampa liberal e quella dei democratici americani. La prova inconfutabile fu raggiunta da una equipe di anatomopatologi equipaggiati con computer e strumenti che non esistevano ai tempi delle prima indagine. Questo gruppo di medici armati di computer riconobbe nella foto di un uomo che si trovava accanto al killer turco nel momento in cui Agca sparava al papa colpendolo due volte, il signor Sergei Ivanov Antonov, capo dei servizi segreti bulgari a Roma avendo come attività di copertura la direzione della BulgarAir compagnia di bandiera del paese più fedele agli ordini sovietici.

L’equipe si prese il suo tempo e dette la sua risposta: l’uomo con vistosi baffi neri, occhiali dalla vistosa montatura scura e folta capigliatura vicino ad Ali Agca che spara, era proprio Antonov e non – come si era detto nel processo – un turista americano. La prova dimostrava la presenza attiva dei servizi bulgari e dunque di quelli sovietici. Ma non si trattava del Kgb perché l’operazione “Uccidete il Papa polacco” fu commissionata e svolta sul campo dal Gru, il servizio segreto delle forze armate sovietiche e oggi russe. Quando l’expertise fu recapitato alla commissione, i commissari del Pds e altri chiesero un secondo expertise di anatomopatologi computerizzati scelta dall’opposizione per verificare la credibilità della prima. La tecnologia usata trascurava fattori esterni come i vistosi baffi, occhiali e capigliatura, ma era in grado di calcolare i dati antropometrici come l’angolo della mandibola e le distanze tra le ossa facciali e che garantivano circa il cento per cento di attendibilità.

La minoranza della commissione poté formare la propria equipe di controllo che confermerà il verdetto della prima: il capo dei servizi segreti bulgari assisteva personalmente l’assassino a pagamento ingaggiato per eliminare il Papa polacco su ordini evidentemente arrivati da Mosca. Non potevano esserci dubbi e ben due esami scientifici confermavano, Quando andai a trovare il nuovo ambasciatore bulgaro nella sua villa ai Parioli, mi descrisse nei dettagli in che modo fosse stato organizzato l’attentato e mi mostrò l’area sul retro dove il furgone riportò a casa la squadra degli attentatori, salvo Alì Agca arrestato sul posto e interrogato dal giudice Ilario Martella. Aveva confessato tutto: mandanti, agenti di supporto, pronto a barattare la sua libertà in cambio di informazioni. La nostra inchiesta ci spinse ad ascoltare tutti i magistrati che avevano indagato sull’attentato e tutti dissero di essere oggi totalmente convinti di come andarono le cose. Ma il grande pubblico in Italia non seppe molto: quando la notizia degli expertise fu resa pubblica, non accade assolutamente nulla.

La parola d’ordine diffusa nelle redazioni era che la Commissione Mitrokhin non doveva mai essere nominata se non per essere dileggiata in quanto promossa da una maggioranza berlusconiana. Lungo la strada in cui abitavo stazionavano molte stazioni tv di tutto il mondo per avere dichiarazioni sull’inchiesta e le reazioni alle prove esibite, ma non una era italiana. Negli Stati Uniti i servizi segreti avevano reso la vita difficile alla giornalista Claire Starling che con una coraggiosa e meticolosa inchiesta aveva dimostrato le responsabilità del governo sovietico nel tentativo di assassinare a Roma il capo dei cattolici di tutto il mondo. La Starling fu arrestata e ridicolizzata perché le sue scoperte giornalistiche facevano a pugni con la ragion di Stato adottata dal governo americano: spegnere assolutamente i fari su quell’evento che per fortuna non si è concluso con la morte del Papa e impedire che potesse diventare qualcosa di simile all’attentato di Serajevo, quando l’assassinio dell’arciduca Ferdinando e di sua moglie scatenò con pochi colpi di pistola la Prima guerra mondiale nel 1914.

Il Papa stesso era stato sempre d’accordo nell’abbassare i toni e la sua preoccupazione per la fragile pace fu tale da vietare a sé stesso qualsiasi riferimento politico all’attentato. Tuttavia, prossimo alla morte, gli era sfuggito quel breve cenno: sapeva bene, oh se sapeva, da dove provenivano le pallottole per ucciderlo, quale cammino avessero fatto dal politburò di Mosca a piazza San Pietro, via Varsavia. La terza guerra mondiale non scoppiò ma neanche la verità esplose mai. Quando andai a Parigi per chiedere aiuto al più prestigioso dei procuratori francesi antiterrorismo, Jean Luis Brughiere, il famoso procuratore francese mi ricevette riservatamente e mi spiego come avesse raggiunto la prova del fatto che l’attentato al Papa non fosse stato eseguito dal Kgb ma ma dal servizio segreto dell’Armata Rossa, il Gru, perché incaricato di eseguire direttamene gli ordini del Cremlino. Mi disse di avere raccolto occasionalmente tutte le prove testimoniali e mi sconsigliò di insistere perché dal Gru non avrei mai ottenuto nulla.

Il nostro commissario Enzo Fragalà, che si era battuto in maniera quasi ossessiva a favore delle perizie sulle foto scattate nel momento dell’attentato che portarono alla identificazione di Antonov, fu alcuni anni dopo ucciso a bastonate sotto il portone del suo studio da killer motociclisti che sparirono nel nulla dopo avere eseguito una vendetta. La mancata uccisione del Papa permise al capo del sindacato Solidarnosc Lech Walesa di mantenere il controllo del territorio polacco indispensabile per un blitz che sarebbe dovuto partire proprio dal territorio polacco. Lech Walesa, che fu il primo presidente della Polonia indipendente, quasi mi aggredì quando ci incontrammo ad un convegno che organizzai a dieci anni dalla caduta del muro di Berlino, ringhiando e gesticolando per dire che il muro di Berlino non aveva fatto cadere un bel nulla, mentre che ciò che aveva fatto crollare il regime sovietico era stata la Polonia, grazie al papa polacco che guidava la resistenza da Roma, e grazie a lui stesso perché, insieme, avevano convinto l’ultimo segretario Gorbaciov che la guerra fredda era persa. Ed era persa perché la Polonia era persa. E che tutti gli altri Stati satelliti l’avrebbero seguita nella dissoluzione dell’impero, come accadde. I colpi di pistola di quel 13 maggio 1981 erano dunque tanto criminali quanto razionali. Ma nessuno lo sapeva allora e pochi se ne rendono conto adesso.

LA CRONOLOGIA DEGLI EVENTI DEL 1981

20 gennaio: Ronald Reagan succede a Jimmy Carter come Presidente degli Stati Uniti d’America. Nello stesso giorno l’Iran libera 52 cittadini americani tenuti in ostaggio per 444 giorni; finisce così la crisi iraniana degli ostaggi

10 febbraio: un incendio al Las Vegas Hilton hotel-casinò uccide 8 persone e ne ferisce 198

14 febbraio: l’Australia ritira il riconoscimento del regime di Pol Pot in Cambogia

13 marzo: il presidente della commissione di vigilanza Rai, il democristiano Mario Bubbico, pone il divieto alla trasmissione sulla Rete 2 del programma AAA offresi sul rapporto tra gli italiani e la prostituzione

20 marzo: la Corte d’assise d’appello di Catanzaro assolve tutti gli imputati al processo per la strage di piazza Fontana

29 marzo: Tiina Lehtola è la prima donna a superare i 100 metri nel salto con gli sci

30 marzo: il Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, si salva miracolosamente da un attentato per mano di John Hinckley

4 aprile: viene arrestato Mario Moretti, capo della direzione strategica delle Brigate Rosse, assieme a Enrico Fenzi, Tiziana Volpi e Silvano Fadda

13 aprile: apre la prima fabbrica di Coca-Cola in territorio cinese

10 maggio: François Mitterrand eletto presidente della repubblica francese

11 maggio: Bob Marley muore presso l’University of Miami Hospital all’età di 36 anni

13 maggio: mentre attraversa Piazza San Pietro a bordo della papamobile, Papa Giovanni Paolo II viene ferito gravemente da colpi d’arma da fuoco sparatigli dal terrorista turco Mehmet Ali Ağca

2 giugno: muore in un incidente stradale a 31 anni il cantautore Rino Gaetano

5 giugno: viene scoperto il virus dell’Aids e il New York Times ne pubblica primo annuncio sulla stampa nazionale

29 luglio: nella cattedrale di St. Paul si sposano Lady Diana e Carlo d’Inghilterra

12 agosto: viene presentato il Pc Ibm 5150, un personal computer che sarà lo standard di riferimento

9 ottobre: in Francia viene abolita la pena di morte

11 dicembre: Muhammad Alì si ritira dal pugilato

 

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.