Anche i fattori genetici hanno la loro influenza sulla malattia dal COVID-19, ma in Val Seriana l’eredità dell’Uomo di Neanderthal è stata tutt’altro che fortunata. Attraverso lo studio “Origin”, che ha coinvolto l’intera comunità e a cui hanno aderito 9.733 persone di Bergamo e provincia, pubblicato sulla rivista iScience, e che l’Istituto Mario Negri ha presentato oggi nel corso di un convegno ospitato dal Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, i ricercatori scientifici hanno avuto modo di analizzare la relazione fra i fattori genetici e la gravità della malattia nella provincia di Bergamo.

Nella presentazione si è dimostrato come una regione del genoma umano si associ significativamente al rischio di ammalarsi in forma grave: “3 dei 6 geni che si collegano a questo rischio sono arrivati alla popolazione moderna dai Neanderthal – ha commentato Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto – in particolare dal genoma di Vindija che risale a 50 mila anni, una volta li proteggeva dalle infezioni, mentre oggi causa un eccesso di risposta immune ed espone ad una malattia più severa”.

Lo studio ha confermato che buona parte delle persone che avevano contratto il Coronavirus in forma grave, avevano in famiglia parenti di primo grado morti a causa dell’infezione e che chi è stato esposto al virus in qualità di portare dell’aplotipo (l’insieme delle variazioni dei nucleotidi, ovvero le singole componenti che costituiscono la catena del DNA) di Neanderthal aveva più del doppio del rischio di sviluppare una malattia severa (polmonite), quasi tre volte in più il rischio di aver bisogno di terapia intensiva e un rischio ancora maggiore di aver bisogno di ventilazione meccanica rispetto ai soggetti che non hanno questo aplotipo. La ricerca permetterà di rafforzare gli strumenti a disposizione per prevenire l’aggravarsi della malattia nelle categorie più a rischio, rendendone più semplice l’individuazione.

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