Un quarto di secolo è un lungo lasso di tempo. In politica può esserlo ancora di più. Tanto è il tempo passato dalla morte di Bettino Craxi, eppure il nodo gordiano, stretto attorno alla cosiddetta eredità politica, ancora non si è definitivamente sciolto. Per questo il leader socialista è ancora attualismo, così come lo sono le domande inevase che il suo agire politico hanno lasciato, a chi dopo di lui, si è confrontato con l’arte del Governo.

Le trasformazioni

Le diverse epoche che hanno subìto, con il passare degli anni, significative trasformazioni, mi riferisco a quelle avvenute tra la prima e la seconda repubblica, non devono però farci incorrere in un grave errore. È sbagliato tirare per la giacca, da destra o sinistra, Bettino Craxi nel gioco del Pantheon! Craxi è stato un leader riformista che in quell’epoca politica ha rappresentato una forte novità, modernizzando ed emancipando il movimento socialista in Italia ed in Europa.

Il confronto

Quella fase politica non può essere paragonata a quella attuale. Farlo rappresenta colpevole superficialità, se non è strumentalizzazione. Se poi vogliamo, e questo si può fare, confrontare concretamente le idee, le intuizioni e le opzioni programmatiche di quella leadership socialista, non c’è dubbio che sui grandi temi, a partire dalle riforme, dal presidenzialismo, passando per la giustizia fino ad arrivare alle innovative politiche del lavoro, c’è molta più assonanza con i governi di centrodestra, nati successivamente alla Prima Repubblica. Ma possiamo e dobbiamo fermarci qui, anche per rispetto della sua figura di uomo e statista, oggi riconosciuta dai più.

Craxi è stato un autentico riformista e soprattutto uomo di governo. Ha segnato uno spartiacque in politica estera con la determinazione dell’uomo di Stato che ha sempre anteposto gli interessi nazionali alle ambigue situazioni di comodo, che la diplomazia nostrana, di volta in volta, “accomodava” il nostro paese al potente di turno. Sigonella e il duro scontro-confronto con il primo ministro britannico Margaret Thatcher, sui destini e gli equilibri interni dell’Unione Europea, sono gli esempi più noti da ricordare.

Craxi è stato soprattutto un politico, che ha difeso più di altri il ruolo e le responsabilità della politica, dei partiti rappresentativi in forza di una volontà popolare consolidata e della classe dirigente che aveva la legittimità a decidere i destini del Paese. Senza confusioni di ruoli, ma nel rispetto del confronto con tutti i protagonisti dell’agire pubblico e non solo, così come dimostrò con la chiesa Cattolica attraverso la firma del nuovo concordato. Il primato della politica come elemento di forza di una democrazia matura.

Questo è poi avvenuto? Se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, solo in minima parte. Per questo Bettino Craxi è ancora di grande attualità. Per questo autorevoli commentatori e saggisti hanno sentito la necessità, nella ricorrenza dei 25 anni dalla scomparsa, di analizzare e raccontare, ancora, le gesta del leader socialista. Questo non è avvenuto con nessun protagonista della storia repubblicana relegati, questi si, nel Pantheon dei ricordi.

L’aneddoto

Conservo di Bettino molti ricordi, ma il più forte ancora oggi mi ferisce. Il suo sguardo e le sue parole un attimo prima di uscire dal Raphael. Volevano farlo scappare, di nascosto, dalla porta di servizio, per effettive ragioni di sicurezza. Si girò verso di noi, che nella hall dell’hotel gli facevamo compagnia, alzando gli occhiali disse: “Io dal retro non esco”, e prese l’uscita principale, dove era accalcata una folla di militanti dell’ex Pci provenienti da un comizio a piazza Navona. Era il giorno delle monetine. Un atto vigliacco quanto ingiusto. Un vile linciaggio politico che rimane una ferita aperta.

Stefano Caldoro

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