Chi sono i leader e come nascono? Una domanda che – senza banalizzare – si potrebbe archiviare nell’alveo di quei quesiti che interrogano la politica nel suo senso più profondo, portando spesso a riflettere sul come si origina e nasce una leadership. Se appartiene di diritto al dizionario della politica contemporanea, il suo significato è questo: capi e guide che sono in grado prima di imporsi su un gruppo politico e poi – sempre con quel gruppo – lanciarsi alla conquista del potere, del governo. Ovviamente gli strumenti di affermazione della leadership cambiano e si innovano con i cambiamenti della società, dei rapporti politici e dei ruoli che i vari gruppi assumono in essa. Se i leader della sempre tanto vituperata democrazia ateniese – spesso citata a sproposito – scalavano il potere imponendosi con la forza oratoria e le masse di manovra nell’Assemblea disertata dalla maggioranza degli aventi diritto (Aristotele docet!), a Roma la forza dell’oligarchia senatoria era un mix tra il controllo della plebe urbana e poi anche degli italici, senza dimenticare il ruolo cruciale delle legioni.

Gli esempi in Italia

Ma, al di là della forza economica e del ruolo sociale, ciò che ha fatto e farà sempre la differenza tra chi leader lo è e chi no – nonostante possa occupare una posizione di forza – è il carisma. Senza carisma non c’è leadership, perché in esso risiede il nucleo centrale che caratterizza chi è destinato a guidare, a essere un simbolo da seguire per chi in quel messaggio si riconosce. La storia politica italiana nella sua complessità è stata ed è tuttora un palcoscenico che fornisce esempi multipli di leadership e mancate leadership o supposte tali, spesso gonfiate mediaticamente ma prive di ingredienti come il carisma e la capacità di esercitarlo nel contatto con le masse. Nascono da contesti spesso critici, e sono generalmente sottovalutate. Pensiamo alla prima leadership moderna della politica italiana, in quella Prima Repubblica che suscita tanta nostalgia. Viene in mente Bettino Craxi, che nel luglio del 1976 – dopo il disastroso risultato elettorale registrato dal Partito socialista – fu scelto come segretario dal Comitato centrale del partito riunito all’Hotel Midas di Roma. Molti mandarini del partito credevano che fosse nulla di più che un segretario di transizione, destinato a essere “gestito” dai padri nobili del PSI. Invece Craxi non ebbe bisogno di nessuno e riuscì a costruire una sua classe dirigente, la più giovane della Prima Repubblica, segnando la stagione più importante e significativa del Partito socialista.

Da Berlusconi a Meloni

Ovviamente non può essere dimenticata l’ascesa di Silvio Berlusconi, irripetibile per le modalità e il contesto in cui è avvenuta la celebre “discesa in campo”. Il Cavaliere incarnò non solo la voglia di cambiare e innovare il paese, ma seppe federare la volontà di rivalsa di un popolo orfano delle sue case politiche. Costruendo poi una coalizione che ancora oggi governa il paese. E poi è arrivata Giorgia Meloni, la donna dei primati con una leadership esercitata compiendo i passi giusti, nei momenti giusti, senza colpi di testa, senza frenesie, con attenuata e accurata lucidità. Una leadership che ha avuto prima il compito di ricostruire la destra italiana – riunendo una comunità che rischiava di perdersi – e poi di avviare il grande passaggio storico al conservatorismo nell’idea di una grande partito conservatore nazionale, perno del centrodestra e del paese. Una leadership che ha compiuto il passo di portare la destra al governo, non come socio di minoranza ma come azionista di maggioranza.

Tre storie politiche che ci raccontano l’imprevedibile unicità del manifestarsi delle leadership, e che dovrebbero invitarci spesso a maneggiare con cautela un termine che non è per tutti. In fondo appartiene solo a chi è destinato a esserlo e la conquista senza commettere errori, il più pericoloso e fatale dei quali è il salto nel buio, la fretta spasmodica del successo. Del resto ogni leader, qualunque donna o uomo ambisca a esserlo, dovrebbe far propria quell’espressione evangelica che recita: “Quando venne la pienezza del tempo”.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.