Politico ha incoronato Giorgia Meloni come persona più influente in Europa e come leader affidabile per i partner dentro e fuori il vecchio continente, e soprattutto al di là dell’Oceano dove contro ogni previsione la premier è stata un’alleata di ferro degli Stati Uniti sotto Biden, e adesso per ragioni di affinità l’interlocutore principale della nuova amministrazione a guida repubblicana. Se la narrazione su Giorgia Meloni fosse stata eguale o per lo meno più simile a quella riservata ai leader progressisti, oggi nel constatare l’evidenza molti sarebbero meno sorpresi.

La narrazione demonizzante

Ma su Giorgia Meloni, come su tutti i leader non allineati viene costruita una narrazione demonizzante al solo scopo di suscitare nell’opinione pubblica preoccupazioni e timori che poi non solo vengono rifiutati nelle urne, ma smentiti nei fatti. Così Meloni ha rovesciato tutti i timori infondati della vigilia, abilmente rilanciati dalla stampa di sinistra e ripresi da osservatori internazionali anch’essi d’orientamento liberal che oggi ne plaudono l’atteggiamento pragmatico e la schiena diritta nelle scelte internazionali. Da spauracchio a certezza il passo è stato breve, perché nelle parole di Meloni come premier non vi è spazio per nessuna forma di ambiguità o tentennamento, anzi la costante perseveranza degli obiettivi prefissati è l’elemento che ha catturato l’attenzione e rovesciato le cautele iniziali.

La politica estera

La politica estera per definizione è ciò che cattura l’attenzione e i giudizi internazionali, ma anche il riconoscimento della stabilità interna – difetto italico per antonomasia – non è un risultato da poco, e traduce i suoi benefici anche nei rapporti internazionali. Il terremoto delle elezioni europee e la conseguente debolezza di Francia e Germania garantisce alla Meloni una forza ulteriore nel rappresentare una certezza e un riferimento che senza far torto a nessuno, nessun governo italiano è riuscito a trasmettere negli ultimi quindici anni. Il vento dei cambiamenti è un terreno fertile che il governo italiano sta arando con una certa coerenza, e la vittoria di Trump è stata un risultato che va in questa direzione. Chi nei mesi passati ha vaticinato la rovina per l’Italia in caso di vittoria di Trump, parificando il ruolo dell’Italia alla non simpatia che Trump e la sua squadra mostrano verso le istituzioni europee hanno commesso un errore fondamentale e anacronistico per i tempi odierni.

I rapporti con gli alleati

La nuova amministrazione punterà ai rapporti bilaterali con gli alleati, non riconoscendo un ruolo di interlocutore all’Unione europea. Qui si apre l’autostrada per la politica estera impostata da Giorgia Meloni e avvalorata dalle scelte assunte da quando è salita al governo. Perché la politica italiana dal 2022 non è più quella di inserirsi negli equilibri ma di riscriverli, occupando una posizione centrale e non più marginale o accessoria. La debolezza degli altri favorisce questo progetto e da Washington è già arrivato l’atteso segnale, con le parole di Trump da Parigi. La politica è essenzialmente arte, non scienza, ed è questo che ha reso le fughe in avanti di tanti analisti errate, e da oggi dell’Italia una fotografia estremamente diversa da quelle che ci si aspettava, o forse qualcuno sperava.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.