La domanda è al centro di molti dibattiti che si sono aperti negli ambienti giudiziari, è al centro delle riflessioni di chi è chiamato a esprimere il voto e delle speranze di chi opera all’interno del settore giustizia. Il tema, a pensarci bene, riguarda poi tutti, perché le scelte dei singoli possono avere conseguenze sull’intera comunità. Parliamo del settore giustizia, quindi di una componente vitale del nostro sistema Paese.

Puntiamo la lente sui candidati napoletani o su quelli che ambiscono a diventare magistrati napoletani d’adozione. Per quanto riguarda i primi, la campagna elettorale delle ultime settimane ci ha offerto uno spunto di riflessione interessante proprio sulla nostra domanda: quanto vale la sovraesposizione mediatica di un magistrato? O meglio, quanto dovrebbe valere? Per noi, ovviamente, dovrebbero contare i meriti professionali e nulla altro, non le inchieste strombazzate sui media e sgonfiate nelle aule di giustizia. Prendiamo il caso dei candidati napoletani al Csm. Henry John Woodcock è candidato al Csm come pubblico ministero che si presenta come indipendente. In suo supporto è sceso in campo il procuratore Vincenzo Piscitelli che pubblicamente, in un’intervista a Repubblica, in pieno agosto si è schierato per il pm, con il quale ha firmato in passato inchieste molto mediatiche. Secondo Piscitelli, Woodcock avrebbe dimostrato l’indipendenza da ogni potere.

Lo dice lui e ne prendiamo atto. Qualche settimana dopo, sul Corriere del Mezzogiorno, Dario Raffone, presidente della sezione civile del Tribunale di Napoli, scrive i motivi che lo spingono a sostenere un altro candidato napoletano, il giudice Eduardo Savarese. E c’è un passaggio dell’intervento di Raffone che vale la pena di sottolineare: «Anche nel distretto di Napoli si sono affacciate diverse candidature autonome, alcune delle quali note al grande pubblico perché legate a pubblici ministeri e giudici protagonisti di indagini e processi di una certa risonanza. In realtà, con il dovuto rispetto per tali meritorie figure non pare che ciò sia sufficiente per ricoprire la carica di componente del Csm».

Un passaggio che centra il punto anche quando evidenzia che proprio in seguito ai fatti che hanno minato la credibilità della magistratura nel recente passato «sarebbe necessario legare tale importante scadenza (le elezioni al Csm, ndr) a una riflessione più vasta sul ruolo della magistratura nel difficile contesto odierno piuttosto che limitarsi a questioni meramente interne, sia pur rilevanti (carichi di lavoro, carriere, procedimenti disciplinari), come invece fa la maggior parte di questi candidati». Vale ricordare che questo nuovo Csm eleggerà il nuovo capo della Procura di Napoli.

Tra le candidature spicca quella di Nicola Gratteri che, a proposito di mediaticità, è un altro dei pm spesso sui giornali e in tv. È proprio di qualche giorno fa una sua dichiarazione pubblica che sembra quasi una sorta di spot elettorale: «Sono stato costretto a fare domanda per la Procura di Napoli. Il 16 maggio del 2024 finisco di fare il procuratore di Catanzaro. Questo significa che prima di quella data devo trovare un posto, perché altrimenti rimango qui come sostituto e non potrò neanche occuparmi della Direzione Distrettuale Antimafia». Lo ha detto nel corso dell’incontro con la stampa per la presentazione della nuova sede della Procura di Catanzaro. E a sentirlo chi, come noi, è interessato a capire come si potrebbe riorganizzare un ufficio inquirente come quello napoletano in un territorio particolarmente complesso come quello della nostra città, quali idee ci sono in campo, quali iniziative si intendono attuare, resta inevitabilmente deluso.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).