Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto Mario Negri, nel salotto di La7 fa chiarezza sullo studio che sta portando avanti e che ora ha ricevuto la disponibilità dell’Aifa ad un approfondimento sul protocollo per le cure domiciliari portato avanti dal suo staff: “Sulle cure domiciliari c’è stata tanta emotività e anche un po’ di confusione”.

Il virus è già presente in noi prima che arrivino i sintomi. In chi si ammala in forma grave c’è un’eccessiva risposta del nostro sistema immunitario a cui segue un’eccessiva infiammazione. Ci può quindi essere l’esito drammatico o la guarigione, come accade nella maggior parte dei casi. Noi – sottolinea il professore – ci siamo chiesti come potevamo agire nei primi giorni in cui normalmente le persone non fanno nulla. Abbiamo pensato di fare cose molto semplici per prevenire questa iper-infiammazione, da cui dipendono la severità della malattia e della morte“.

“Abbiamo trattato i pazienti subito dall’inizio dei primi sintomi con anti-infiammatori, cosa che si fa con tutte le malattie delle vie alte respiratorie di natura virale – prosegue Remuzzi -. Questo ha dato risultati importanti e poi abbiamo fatto uno studio dando anti-infiammatori al primo sintomo, che ha dato il risultato di una riduzione del 90% della necessità di ospedalizzazione, ma non era uno studio perfetto perché fatto nella seconda e nella terza ondata, mentre i controlli (cioè i casi identici a questi pazienti trattati con anti infiammatori da subito si riferivano alla prima ondata)”.

Quali anti infiammatori sono stati impiegati nelle cure domiciliari secondo il protocollo di Remuzzi? “La tachipirina non è un anti infiammatorio, può essere usata per ridurre la febbre se uno ce l’ha. Gli anti infiammatori sono l’aspirina, l’indometacina, l’ibuprofen, l’aulin, che è il nimesulide. Noi abbiamo visto che non è una questione di un anti infiammatorio piuttosto che un altro, il nostro protocollo prevedeva di cominciare prima con nimesulide e poi di proseguire con aspirina e poi ibuprofen se uno era intollerante ai primi due”.

La cosa importante per prevenire la malattia grave è “iniziare subito la terapia con un anti infiammatorio. Abbiamo fatto poi un secondo studio per prevenire l’ospedalizzazione. Su 108 pazienti si è ridotta del 90% la necessità di ricorrere all’ospedale. Anche questo studio non è perfetto. Non è sbagliato che l’Aifa e il ministero della Salute abbiano preso questi studi per dare indicazioni ai medici su come curare i pazienti. I nostri due studi non sono così forti da essere utilizzati per dare raccomandazioni. Adesso però – la notizia del professore dell’istituto Mario Negri – dopo un po’ di trattative e un po’ di fatica siamo riusciti ad arrivare ad avere un protocollo condiviso con Aifa“.

“Ci sono 600 e oltre pazienti per gruppo, con gli anti-infiammatori da una parte e dall’altro quello che ritengono di dover fare i medici. Avere 600 pazienti per gruppo non dovrebbe richiedere tanto tempo vista la contagiosità di Omicron, anche se sembra brutto dire di dover reclutare i pazienti. A quel punto avremo una risposta definitiva sull’approccio delle nostre cure domiciliari e se sarà la chiave di volta per la pandemia. Le cure domiciliari – chiude Remuzzi – non sono alternative al vaccino”.

Riccardo Annibali

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