Da New York a Padova e ben oltre, varcando a est i confini della Mitteleuropa e andando ben oltre gli Urali.

L’onda lunga della rivolta lgbt che 51 anni fa ha dato vita al moderno movimento per il riconoscimento dei diritti civili di lesbiche, gay, bisex e trans non si ferma, nonostante i tempi non siano facili come, invece, passato mezzo secolo da quelle notti di sommossa nel Greenwich Village newyorchese, magari si sarebbe potuto immaginare o almeno sperare.

Tempi non facili nei quali c’è ancora bisogno di eroi. E proprio della memoria di quegli eroi che hanno dato coraggiosamente i loro volti alle istanze della comunità lgbt.  L’ha capito Andrew Cuomo, iconico governatore dello Stato di New York che proprio in questi giorni, in occasione di quello che sarebbe stato il 75esimo compleanno dell’attivista trans, di colore Marsha P. Johnson, una delle eroine dei rainbow riots del 1969, ha preso la decisione storica e assolutamente significativa di dedicare a Marsha, trovata morta nel fiume Hudson nel 1992, l’East River State Park di Brooklyn che dal prossimo anno mostrerà a tutti i cittadini della Grande Mela e ai numerosi visitatori, i colori dell’arcobaleno in ricordo di quella che, nelle parole di Cuomo, è stata presentata come “una voce colpevolmente rimasta emarginata sebbene abbia contribuito non poco al progresso di New York e dell’intero  Paese”.

Per questo il governatore non ha esitato a scrivere sulle sue pagine social che “New York è in debito con Marsha per la sua coraggiosa difesa e per la lotta incessante per l’uguaglianza”.

Col medesimo spirito la città di Padova, anche quest’anno, nonostante le limitazioni dovute all’emergenza sanitaria in corso, ha voluto lanciare un segnale forte di vitalità della comunità lgbt italiana dando vita al Pride Village (unica città coraggiosa in chiave lgbt, insieme a Napoli, a mobilitarsi attuando in pieno le stringenti norme anti-contagio). E proprio nel fine settimana appena trascorso, il Padova Pride Village ha dato spazio a due militanti d’eccezione: Francesco Lepore, giornalista, caporedattore del quotidiano on line GayNews e Yuri Guaiana, esponente radicale, portavoce dell’associazione Certi Diritti, particolarmente attivo sul fronte delle lotte lgbt nei paesi dell’Est.

Padova Pride Village che vede peraltro, tra i suoi pionieri, ormai diversi anni fa, l’onorevole Alessandro Zan, lungamente impegnato sul fronte della rivendicazione dei diritti lgbt in Veneto e oggi deputato relatore del ddl antiomotransfobia in discussione alla Camera.

Lepore e Guaiana  hanno curato insieme una raccolta di contributi dedicati proprio al mezzo secolo trascorso dalla sommossa del Greenwich Village newyorchese, pubblicati in una sorta di antologia manifesto tra passato e avvenire dall’editrice catanese Villaggio Maori Edizioni sotto il titolo di Stonewall – Memoria e futuro di una rivolta.

Nel volume sono presenti testimonianze giunte davvero da tutto il mondo: dalla Russia al Kirghizistan, dal Brasile all’Uganda e si apre con una introduzione firmata dai due autori principali nella quale si fa cenno anche al ruolo memorabile dell’Italia, ricordata in ambito internazionale, per aver dato vita nel 2000 al primo World Pride in una città simbolo come Roma, centro del mondo cattolico, nel pieno dell’imponente Giubileo organizzato dal Vaticano per il Tertio Millennio Adveniente.

Eppure, nonostante il mezzo secolo trascorso possa o abbia potuto forse – anche naturalmente e legittimamente –  invitare a celebrare la ricorrenza, la prefazione della compiante Delia Vaccarello, giornalista, scrittrice, già firma delle pagine lgbt de L’Unità, venuta a mancare appena pochi mesi dopo l’uscita del libro, invita invece i lettori e le persone appartenenti alla comunità lgbt internazionale a tornare a “ri-voltarsi”, cioè a rivolgerci verso alcune specifiche questioni.

“Occorre ri-voltarsi ancora dalla parte di quanti oggi non hanno privilegi, dalla parte di tutti coloro che occupano oggi la stessa posizione che occupavano allora le trans, le lesbiche, e i gay dello Stonewall Inn: «gente deviata da punire»; gente migrante, gente povera da abusare, gente creativa che non si allinea, gente che torna a studiare, che ama piante e animali, cieli e mari, che non si inchina al dio denaro, gente che ha il coraggio dei sogni. Occorre ri-voltarsi ancora dalla parte di quanti possono col cuore e con le azioni rendere la Terra e la società, non un terreno di guerra, trincee, muri, sbarramenti, orrori, ma un luogo accogliente nel quale incontrarsi, dove la vita può essere migliore e bella. Altrimenti, scusate, di cosa oggi dovremmo essere orgogliosi?

Un interrogativo abbastanza spietato che echeggia particolarmente grave proprio nel nostro Paese, l’Italia, la quale se da un lato resta comunque fortunata avanguardia occidentale nel Mediterraneo, non lontana da quel sud del mondo in grave debito d’ossigeno proprio sulla materia dei diritti civili e umani, dall’altra continua a sopravvivere in un limbo sociale e politico nel quale le persone lgbt, insistono nel colpevole atteggiamento di chi si ostina a non voler sentire né a vivere lo spirito di appartenenza a una comunità solidale che, più di qualsiasi norma di legge possibile, resta la base più salda per cambiare verso davvero a una società che, tra sovranismi e rigurgiti vari, sembra davvero abbia messo tra parentesi i cinquant’anni di conquiste, probabilmente davvero da ri-conquistare ogni giorno senza il lusso di potersi fermare a celebrare alcunché.