Alla fine è successo. È arrivata la legge di bilancio del governo Meloni che cancella 18app, una misura virtuosa introdotta dal governo Renzi che ci hanno copiato come modello in tutta Europa.
È davvero inspiegabile che una volta tanto che un provvedimento funziona, con dei numeri incredibili di adesioni e di indotto economico per tutto il settore culturale, un governo di sedicenti patrioti decida di cancellarlo. Ma poi cancellarlo per cosa? Il ministro Sangiuliano dopo mesi di slogan, critiche, libri non letti e gaffe è uscito allo scoperto e ha lanciato una Carta Giovani alternativa con meno risorse e meno destinatari.

Il Bonus Cultura per i 18enni non sarà più per tutti, ma per pochi. Addio universalità, autonomia di spesa. Numeri alla mano, ci abbiamo perso noi giovani. Quello che mi chiedo è: perché hanno così paura di farci leggere un libro, di farci andare in un museo o a teatro? Perché non riescono a capire che la 18app è stata negli ultimi anni forse l’unica vera misura concreta di investimento sulla cultura e sulla formazione per noi giovani? Come fanno ad essere così miopi da non rendersi conto dell’unicità di uno strumento che rappresenta un primo vero dialogo, a tu per tu, tra un diciottenne e lo Stato che decide di credere in quel giovane, dandogli un portafoglio di spesa, per la prima volta tutto suo, per formarsi?
Il meccanismo dell’ISEE introdotto nella nuova Carta Giovani riduce la platea dei destinatari, ma non è solo questo taglio sulla cultura l’elemento di criticità.

Il problema non è solo la fine dell’universalità erga omnes della 18app. Ma anche il fatto che questa nuova misura sposterà il baricentro verso le famiglie e i genitori che presentano l’ISEE e lo stato economico del nucleo familiare, allontanandolo invece dai giovani neo-diciottenni. È la fine dell’autonomia di spesa senza filtri familiari e della libertà di scelta slegata, per la prima volta, dalla volontà dei genitori. Mi ha sempre colpito e fatto riflettere una frase del Diario di Anna Frank che diceva che “i genitori possono dare buoni consigli ai figli e metterli sulla strada giusta, ma che la formazione finale del carattere di una persona giace nelle sue stesse mani”. È proprio qui il nocciolo dell’importanza di uno strumento che consente ad un giovane di formarsi “con le sue stesse mani”, al compimento della maggiore età e quindi nel momento di massima di maturazione della percezione della sua libertà. La verità è che purtroppo questo governo è contro i giovani.

Dopo l’errore di aver annunciato l’eliminazione della 18app, dopo la tempesta di critiche che il ministro Sangiuliano aveva ricevuto per questa scelta senza senso, avrebbero dovuto semplicemente scusarsi e fare mea culpa per questa follia contro il nostro futuro. E invece hanno scelto di mettere in difficoltà centinaia di famiglie che contavano sui 500 euro del bonus cultura per comprare, ad esempio, i libri universitari. Hanno scelto di ignorare tutti gli appelli alla retromarcia delle associazioni di categoria del settore culturale. Hanno deliberatamente finto di non conoscere l’impatto economico che la 18app ha avuto in questi anni, a partire dal mondo dell’editoria, dove la quota di spesa per i libri, sul totale utilizzato dai neo-diciottenni, si è attestata intorno al 70%, per un valore assoluto di 130 milioni annui.

Gli incredibili dati di quest’anno, a fine settembre 2023, hanno indicato 77,5 milioni di spesa per libri. Come si fa ad ignorare tutto questo? Come può il governo Meloni ignorare che dal 2017 al 2022 nel settore musicale i dati segnano 111 milioni d’impatto generato sul mercato, oltre che una promozione del consumo legale grazie alla 18app contro la pirateria? Come si può buttare la palla in tribuna su un progetto così importante di avvicinamento dei giovani ai consumi culturali che non dipendono dal reddito o dalla capacità di spesa? Su quali specchi si arrampicheranno per spiegare agli italiani la contrazione degli effetti virtuosi e positivi che si erano verificati in questi anni grazie alla 18app?
A queste domande, temo che non riceveremo mai una risposta da Sangiuliano e dalla Meloni. E purtroppo non c’è da meravigliarsi, visto che questo governo non sta facendo nulla per noi giovani, nonostante le tante promesse fatte in campagna elettorale.

Dopo le elezioni si sono dimenticati dei 2 milioni di NEET, ossia giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non ricevono una formazione. Si sono chiusi nel palazzo e si sono scordati che oltre il 40% dei giovani nel nostro Paese guadagna meno di 1000 euro al mese. E invece di preoccuparsi di questi dati allarmanti e del fatto, ad esempio, che negli ultimi anni l’imprenditoria giovanile in Italia è diminuita di oltre il 10%, cosa hanno pensato di fare? Incredibile ma vero: hanno pensato di cancellare la 18app e l’investimento sulla formazione di quegli stessi giovani che oggi sono nel più totale precariato. Hanno scelto di togliere una delle poche certezze che avevano sulla propria formazione in cultura, libri, musei, teatri e musica. Sappiamo che per il ministro Sangiuliano leggere libri è una fatica ma gli consiglierei sommessamente di leggere e riflettere su quello che scriveva il filosofo greco Diogene: “Le fondamenta di ogni Stato sono l’istruzione dei suoi giovani”. Noi siamo stanchi di essere dimenticati e di dover pagare il conto delle scelte di un governo che è contro i suoi giovani.

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24 anni, romano, romanista, Consigliere Italia Viva Municipio Roma VII, vicepresidente Commissione Pari Opportunità.