Il dibattito sul disegno di legge
Ddl Zan, il terrore del Vaticano è comprensibile ma salutare per la Chiesa
In uno dei frammenti attribuiti a Democrito il filosofo dice: «Molta riflessione, e non molta conoscenza, ecco ciò a cui occorre tendere». La questione della nota dello Stato del Vaticano sul disegno di legge Zan, tutto considerato poco significativa nelle contingenze attuali dell’Italia e del mondo, merita forse una riflessione in profondità, uno sguardo oltre le questioni giuridiche discusse in questi giorni (l’illecita ingerenza del Vaticano negli affari interni dello Stato italiano; al contrario, la legittimità della nota, al netto della bontà del merito; l’infondatezza della nota, perché alcuna violazione del Concordato discenderebbe dall’approvazione e dall’applicazione della legge, e così via).
A esser necessario, poi, è anche un incremento di riflessione rispetto alla proclamazione un po’ scontata (e anche in parte pedante) della laicità dello Stato, nonché all’indagine talvolta morbosa sugli interna corporis della curia romana. In effetti, a parer mio la nota diplomatica del Vaticano è opera dello Spirito Santo. Le legislazioni a tutela dei diritti umani, e dei diritti, come in questo caso, delle cosiddette minoranze, ponendosi nel solco dell’Illuminismo, tendono a mettere al centro il riconoscimento giuridico di certe forme di vita attraverso norme che vogliono apparire più o meno neutrali rispetto a opzioni etiche, morali e religiose, ma che neutrali non sono. Il recupero della dimensione esistenziale e politica che c’è dietro certe scelte normative è essenziale per comprendere la portata della norma, ancor prima della sua adozione.
Quando si afferma che, per il diritto, le unioni civili tra persone dello stesso sesso o la penalizzazione delle discriminazioni omolesbotransfobiche sono conquiste di civiltà, come dire, oggettive, si sostiene una cosa vera: che potrebbe risultare falsa, però, se si ricollega il diritto alle dimensioni dell’etica e della politica. Ora, a mio avviso, il disegno di legge Zan, se approvato, costituirà una vittoria significativa di una minoranza militante, una vittoria prima politica ed etica, e poi giuridica. Questa minoranza viene percepita come un pericolo dalla Chiesa cattolica romana, per il suo magistero, la sua tradizione e il suo insegnamento. Di qui la nota, di qui l’invocazione del Concordato. Lo è, un pericolo? Certo che lo è! Ecco perché la nota è frutto dello Spirito Santo (al quale noi cristiani crediamo), perché introduce la possibilità di un discorso di verità e di un viaggio in profondità.
Il punto cruciale sta infatti nell’apparato definitorio dell’art. 1 del Ddl Zan, inerente ai concetti di “sesso”, “genere”, “orientamento sessuale” e “identità di genere”. Quest’ultima è definita come “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. In questa definizione, come anche in quelle di genere e di orientamento sessuale, la legge segna l’accoglimento di un approccio marcatamente soggettivista: è l’individuo, col suo corpo, la sua storia, il suo complesso relazionarsi negli affetti, nei desideri, nei progetti di vita, a definire la propria realtà secondo percorsi che possono anche essere molto distanti dall’oggettività biologica (e sociologica). Quest’individuo chiede di non subire discriminazioni in ragione di questa sua costruzione personale, intima, in definitiva fortemente auto-responsabile.
Tale visione è avversata dalla Chiesa cattolica (o da una sua parte) con tutta la sua mente, tutto il suo cuore, tutto il suo essere. È vero che il Ddl Zan, all’art. 4, fa salva la libera espressione di convincimenti diversi da quelli posti alla base del suo articolo 1, e tra questi le idee e gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Ma possiamo, in tutta onestà, escludere che questa legge porterà, in alcune sue applicazioni, a coinvolgere penalmente (anche solo per l’avvio di un’indagine che finirà nell’archiviazione o, alla fine, in un’assoluzione) certe scelte diocesane più conservatrici? Se, come accadde a Bari qualche anno fa, un vescovo impedisse a un sacerdote della sua diocesi di presentare il libro di Savarese su omosessualità e chiesa cattolica, questo potrebbe legittimarmi a affermare di aver subito un atto discriminatorio o il pericolo di un atto discriminatorio? Direi di no, anche se non escluderei che una segnalazione forse potrebbe essere opportuna, se non dovuta.
Sto provocando, ma fino a un certo punto: il punto è invece che questo Ddl introduce nell’ordinamento un ulteriore elemento favorevole a soggettivizzare il percorso di legittimazione della coscienza di sé. E lo fa attraverso lo strumento del diritto penale. Lo fa elevando le ragioni di odio omofobico allo stesso rango di disvalore delle ragioni di odio razziale o etnico o religioso. Allora io mi oppongo alla minimizzazione di questa legge: credo invece che questa legge, soprattutto in Italia e con certi atteggiamenti delle curie italiche intrisi di vero e proprio orrore per l’omosessualità (non ne parliamo della transessualità), sia, se, come spero, verrà presto approvata, un sonoro ceffone per la Chiesa. Non tanto giuridicamente, quanto per le dimensioni dell’etica, della cultura religiosa e della politica.
Un ceffone, lo dico affettuosamente, che è esso stesso un’altra manifestazione dello Spirito di verità: la Chiesa cattolica che vorrei riacquisterebbe autorevolezza se dicesse al Parlamento: “Forza, approvate in fretta questa legge di civiltà, a tutela di una minoranza che io stessa ho offeso e perseguitato per secoli e secoli; la mia visione antropologica resta diversa, perché io ancora credo in canoni oggettivi come guida della costruzione del sé. Ma è una visione sempre subordinata al riconoscimento della vasta, misteriosa, forse anche spaventosa complessità del cuore umano. E a me, Chiesa del XXI secolo, interessa soltanto che non si interrompa il dialogo tra ciascun cuore umano e il Cristo”.
La Chiesa ha ragione a temere: molti cattolici credenti e praticanti vorrebbero che i tempi fossero maturi per un ripensamento totale di tutta la morale sessuale consegnata dal magistero. E questo Ddl, chissà, potrà essere un aiuto per questi cattolici più pensosi e riflessivi, per porsi in modo sempre più ferocemente (ma misericordiosamente) critico nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche. Il vento dello Spirito soffia dove vuole, e procede con sottili giochi di boomerang ed eterogenesi dei fini.
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