Dimissioni si, dimissioni no. A tenere banco in questi giorni è la posizione di Marcello De Angelis, responsabile delle comunicazione del governatore del Lazio Francesco Rocca. Le sue parole nelle ore in cui correva l’anniversario della strage della stazione di Bologna, il 2 agosto scorso (nel 1980 rimasero uccise nell’esplosione 85 persone, oltre 200 i feriti), hanno indignato sia buona parte dei partiti politici.

Parole che hanno sconfessato quelle del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che ha parlato di “matrice neofascista“) e che sollevano dubbi su una sentenza passata in giudicato che ha condannato gli esecutori materiali di una strage ancora senza mandanti. De Angelis ha ribadito, a suo avviso, l’innocenza di Fioravanti, Mambro e Ciarvardini (suo cognato), i tre eversivi di estrema destra condannati all’ergastolo (i primi due) e a 30 anni il terzo (minorenne all’epoca dei fatti).

Parole espresse “a titolo personale” secondo il presidente della Regione Rocca, che ha annunciato che “valuterà” nei prossimi giorni l’ipotesi dimissioni, dopo averlo incontrato. Sempre su Facebook De Angelis ha ribadito la sua posizione. “Ho detto quello che penso senza timore delle conseguenze. Se dovrò pagare per questo e andare sul rogo come Giordano Bruno per aver violato il dogma, ne sono orgoglioso“.

Parole che hanno sollevato l’indignazione dei partiti di opposizione (ma anche di Lega e Forza Italia) oltre alle associazioni di familiari delle vittime nate dopo la strage. Ma per Rocca “De Angelis ha parlato a titolo personale mosso da una storia familiare che lo ha segnato profondamente e nella quale ha perso affetti importanti”.

In mattina ha poi aggiunto che vedrà nel pomeriggio “De Angelis che ha commesso un errore importante nel parlare in termini di certezza. Ha parlato a titolo personale, ci tengo a chiarirlo ancora una volta. Adesso farò le mie valutazioni ma lui non ha alcun ruolo politico all’interno dell’amministrazione regionale”. Rocca conferma di aver sentito la premier: “Io mi sento spessissimo con la Meloni – ha aggiunto -, abbiamo avuto modo di sentirci ma velocemente” anche in questa occasione e “mi ha chiesto di chiarire, sicuramente non era felice per quanto accaduto”.

Netta la posizione di Forza Italia, con Licia Ronzulli, presidente dei senatori del partito azzurro, che su La7 ha commentato: “Sulla strage di Bologna manca ancora un pezzo di verità, quello sui mandanti. C’è una sentenza chiara rispetto agli esecutori materiali, e negare la matrice neo fascista è non vedere, è mettersi una mano sugli occhi. Ma un’altra parte di ciò che è accaduto resta ad oggi senza risposta. E ci sono i parenti delle vittime che stanno aspettando piena giustizia e meritano rispetto. Il governo sta desecretando gli atti per rendendere più veloce la ricerca della verità, e questo è giusto e encomiabile”.

“Ognuno può avere le proprie opinioni – ha proseguito – ma quando si ricopre un incarico nelle istituzioni non esistono pareri personali e nell’esternare si rischia di mettere in difficoltà l’ente che si rappresenta”. Quanto all’opportunità delle dimissioni di De Angelis, la senatrice azzurra ha concluso: “La scelta delle dimissioni, e non solo in questo caso, spetta alla coscienza di ciascuno e al confronto che immagino ci sarà con il presidente Rocca”.

E Meloni? La premier, secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, non pretende il passo indietro di De Angelis, ma se lo aspetta. Nonostante le parole “a titolo personale”, le scuse (arrivate solo nel pomeriggio di lunedì 7 agosto) non le bastano. Tuttavia, sottolinea il quotidiano di via Solferino, la premier non vuole che le dimissioni appaiano come la conseguenza del pressing di Schlein, Bersani e compagni e fa sapere, attraverso fonti parlamentari, che Chigi non se n’è occupato perché la questione “non è nazionale, ma locale”.

A ribadire le parole del Capo dello Stato anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che, sempre al Corriere della Sera, sottolinea: “Ho più volte detto pubblicamente che la matrice accertata è quella riferita esclusivamente alla verità giudiziaria, che ci ha consegnato una responsabilità incontrovertibile di personaggi militanti nel terrorismo neofascista di quegli anni. Ho fatto chiaramente riferimento alla verità giudiziaria. Ogni strumentale polemica su questo argomento è opera di chi pretende di avere l’esclusiva dell’indignazione rispetto a una delle pagine più dolorose e vergognose della nostra storia. Ognuno di noi ha una storia pluridecennale che parla da sé”.

Anche la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa, tra l’altro esponente apicale di Fratelli d’Italia, ha ribadito che “dopo la mia commemorazione in Aula per le vittime dell’ attentato terroristico del 2 agosto non ho in alcun modo rilasciato, né personalmente né per interposta persona, alcuna altra dichiarazione o commento in proposito. Credo, d’altronde, fossero esaustive le mie parole sia sul dovere (“doverosamente”) del presidente di tutti i senatori di non tacere su una risultanza oggettiva (“La verità giudiziaria”), sia sul sollecitare ulteriori desecretazioni per fugare ombre e dubbi che tuttora persistono. A queste mie dichiarazioni, rese il 2 agosto, senza null’altro aggiungere, mi richiamo integralmente”.

Le scuse di De Angelis: “Unica mia certezza è il dubbio. Massimo rispetto per Quirinale e istituzioni”

“In merito alla più che quarantennale ricerca della verità sulla strage di Bologna, l’unica mia certezza è il dubbio”. Così Marcello De Angelis, in un lungo post su Facebook, ritorna sulle sue affermazioni sulla strage di Bologna:

“Negli ultimi giorni ho espresso delle riflessioni personali sul mio profilo social, che sono invece diventate oggetto di una polemica che ha coinvolto tutti. Intendo scusarmi con quelli – e sono tanti, a partire dalle persone a me più vicine – a cui ho provocato disagi, trascinandoli in una situazione che ha assunto dimensioni per me inimmaginabili.
Ho altresì il dovere di fare chiarezza su affermazioni che possono essere fraintese per l’enfasi di un testo non ponderato, ma scritto di getto sulla spinta di una sofferenza interiore che non passa ed è stata rinfocolata in questi mesi.

I colleghi giornalisti che quotidianamente e pubblicamente mi definiscono un ex-terrorista – pur nella consapevolezza del fatto che non sono mai stato condannato per nessun atto criminale o gesto di violenza – infangano il mio onore e mi negano la dignità di una intera vita. Perché un terrorista è una persona schifosa e vile.
Ho servito e rappresentato le istituzioni democratiche per anni e ne ho il massimo rispetto, così come per tutte le cariche dello Stato, che da parlamentare ho contributo ad eleggere e che oggi sostengo come cittadino elettore.
Fra queste e prima di tutte, la Presidenza della nostra repubblica.
In merito alla più che quarantennale ricerca della verità sulla strage di Bologna, l’unica mia certezza è il dubbio.
Dubbio alimentato negli anni dagli interventi autorevoli di alte cariche dello Stato come Francesco Cossiga e magistrati come il giudice Priore e da decine di giornalisti, avvocati e personalità di tutto rispetto che hanno persino animato comitati come “E se fossero innocenti”.
Purtroppo sono intervenuto su una vicenda che mi ha colpito personalmente, attraverso il tentativo, fallito, di indicare mio fratello, già morto, come esecutore della strage. Questo episodio mi ha certamente portato ad assumere un atteggiamento guardingo nei confronti del modo in cui sono state condotte le indagini.
Esprimo quindi dubbi, così come molti hanno espresso dubbi sulla sentenza definitiva contro Adriano Sofri senza per questo essere considerati dei depistatori o delle persone che volessero mancare di rispetto ai familiari del commissario Calabresi.
Per tutte le vittime della folle stagione dei cosiddetti anni di piombo e dei loro familiari ho il massimo rispetto, vieppiù per chi sia finito sacrificato innocentemente in eventi mostruosi come le stragi che hanno violentato il nostro popolo e insanguinato la nostra Patria massacrando indiscriminatamente.
Nel ribadire il mio rispetto per la Magistratura, composta da uomini e donne coraggiosi che si sono immolati per difendere lo Stato e i suoi cittadini, ritengo che tutti abbiano diritto ad una verità più completa possibile su molte vicende ancora non del tutto svelate.
Ho appreso che l’attuale governo, completando un percorso avviato dai governi precedenti, ha desecretato gli atti riguardanti il tragico periodo nel quale si colloca la strage del 2 agosto 1980: mi auguro che l’attento esame dei documenti oggi a disposizione permetta di confermare, completare e arricchire le sentenze già emesse o anche fare luce su aspetti che, a detta di tutti, restano ancora oscuri.
Ribadisco le mie profonde scuse nei confronti di chi io possa aver anche solo turbato esprimendo le mie opinioni. Anche se rimane un mio diritto, prima di scrivere e parlare bisogna riflettere sulle conseguenze che il proprio agire può avere sugli altri.
Viviamo per fortuna in una società civile in cui il rispetto degli altri deve essere tenuto in conto almeno quanto la rivendicazione dei propri diritti”.

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