Tiene banco, da qualche settimana, la possibilità che il sindaco di Napoli Luigi de Magistris si candidi per le prossime elezioni regionali in Calabria. Candidarsi e soprattutto vincere nella regione che ha già operato da pm sarebbe una ottima exit strategy per il primo cittadino partenopeo che, in caso di vittoria, confermerebbe la sua striscia di trionfi elettorali consecutivi, dal Parlamento europeo nel 2009 alle due elezioni a sindaco di Napoli nel 2011 e nel 2016.
Candidatura o meno, quali dovrebbero essere le condizioni per spingerlo a lasciare il Comune anzitempo per puntare alla carica di governatore della Calabria?
Va considerato che, dopo il fallimento dei suoi dieci anni di amministrazione a Napoli, una sconfitta elettorale potrebbe essere la pietra tombale sulla carriera politica di Dema. Quindi la sua non potrà mai essere una candidatura “all’arrembaggio” come quella del 2011 per il Comune di Napoli, avventura che poté intraprendere tranquillamente anche perché già parlamentare europeo. E dunque in Calabria, dove la base del centrodestra è forte, soltanto capeggiando un’alleanza tra Pd, il M5S e movimento civico di Carlo Tansi potrebbe avere qualche possibilità di vittoria. Ma come potrebbero mai Pd e M5S proporre de Magistris come candidato governatore in Calabria se appena qualche giorno fa i loro consiglieri comunali napoletani hanno espresso voto sfavorevole sul bilancio dell’amministrazione arancione, pur senza riuscire a provocare lo scioglimento del Consiglio comunale? Una netta opposizione al mega-deficit di quasi tre miliardi di euro, più del triplo di quanto ereditato dalla precedente amministrazione. Una pesante disapprovazione, successiva a una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco firmata, presentata e discussa insieme alle altre opposizioni.
Come potrebbe mai il partito del governatore campano Vincenzo De Luca – acerrimo “nemico” del sindaco di Napoli di cui non esita a criticare pesantemente le capacità amministrative anche a costo di rischiare una querela – presentare de Magistris ai calabresi come uomo in grado di salvare la loro Regione? Avrebbe l’aspetto di un “pacco” vero e proprio rifilato a ignari acquirenti.
E come potrebbe il M5S proporre questa candidatura in Calabria? Ricordiamo che il leader maximo dei grillini, Beppe Grillo, ebbe a dire qualche anno fa: «Ho fatto eleggere de Magistris ma ho sbagliato, sputatemi in faccia!»
Qualora Pd e M5S evitassero di coinvolgere Luigi de Magistris nella partita calabra, dunque, resterebbe l’opzione, forse praticabile, di un’alleanza tra il movimento demA e le liste civiche di Carlo Tansi, personaggio emergente, l’unico ad aver già espresso apprezzamento per un’eventuale discesa in campo dell’attuale sindaco di Napoli. Le due liste civiche presentate da Tansi nelle scorse elezioni del gennaio 2020 hanno conseguito un apprezzabile 7,2%, una buona base di consenso che potrebbe aggiungersi a quello che de Magistris potrebbe immaginare di conquistare in termini percentuali rispolverando la sua famosa bandana per la battaglia elettorale in terra “straniera”.
Ecco, capeggiare un fronte contrapposto sia al centrodestra che ai partiti di governo, carico di quell’entusiasmo rivoluzionario che piace tanto al nostro Giggino, potrebbe essere la molla per spingerlo a tentare la conquista dello scranno di governatore. Eppure non lo farà. Credo che non intraprenderà alcuna battaglia per la Calabria e per i calabresi “con la lancia in resta”, come magari avrebbe fatto se fosse stato già in carica in altra istituzione come nel 2011. Anche perché, in quel caso, diventerebbero di dominio pubblico pure in Calabria i mille fallimenti da sindaco di Napoli, palesi e dimostrabili da chiunque dovesse nutrire in tal senso un interesse elettorale.
Non lo farà perché, come già detto, ha bisogno di una vittoria certa, di una elezione. E in Calabria le probabilità di vittoria sarebbero pochissime: a quelle latitudini de Magistris rischierebbe fortemente, vista la legge elettorale, di non essere eletto nemmeno consigliere regionale.