Esteri
Definizione di “paese sicuro”: il parere dell’Avvocato Generale presso la Corte di giustizia dell’Unione europea
In attesa della sentenza, il legale della Corte di Giustizia Ue, Richard de la Tour, si pronuncia sul tema

È un lenitivo alla febbrile attesa della pronuncia della CGUE sulla vexata questio della definizione di “paese sicuro” la lettura e studio delle conclusioni dell’avvocato generale (Jean Richard de La Tour), presentate il 10 aprile 2025.
Dal corposo ed analitico documento, emerge la proposta alla CGUE di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunale ordinario di Roma: affermando che gli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32/UE (in tema di riconoscimento e revoca dello status di protezione internazionale) devono essere interpretati nel senso che essi “non ostano” a una prassi in forza della quale uno Stato membro proceda alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro mediante atto legislativo, a condizione che tale prassi garantisca il primato del diritto dell’Unione e assicuri la piena efficacia di detta direttiva.
Altresì che gli articoli 36 e 37 e l’articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi “non ostano” a una prassi in forza della quale uno Stato membro procede alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro mediante atto legislativo, a condizione che il giudice nazionale investito del ricorso avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale proposta da un richiedente proveniente da un siffatto paese disponga delle fonti di informazione sulla cui base il legislatore nazionale ha inferito la sicurezza del paese interessato. In caso di mancata divulgazione di dette fonti di informazione, l’autorità giudiziaria competente può controllare la legittimità di una siffatta designazione alla luce delle condizioni enunciate nell’allegato I della direttiva, sulla base delle fonti di informazione che essa stessa ha raccolto tra quelle menzionate all’articolo 37, paragrafo 3, della direttiva medesima.
L’articolo 36 e l’articolo 37, paragrafo 1, nonché l’allegato I della direttiva 2013/32, devono, infine, essere interpretati nel senso che essi “non ostano” a che uno Stato membro designi un paese terzo come paese di origine sicuro ai fini dell’esame delle domande di protezione internazionale, identificando nel contempo categorie limitate di persone come potenzialmente esposte a un rischio di persecuzioni o violazioni gravi in detto paese a condizione, da un lato, che la situazione giuridica e politica del suddetto paese caratterizzi un regime democratico nell’ambito del quale la popolazione gode, in generale, di una protezione duratura contro tale rischio e, dall’altro, che detto Stato membro proceda correlativamente a escludere espressamente tali categorie di persone dall’applicazione del concetto di paese di origine sicuro e della presunzione di sicurezza ad esso collegata.
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