Denuncia sovraffollamento a Poggioreale, trasferito per punizione a 500 chilometri da casa a Forlì

Aveva chiesto di essere trasferito nel carcere di Vallo della Lucania: una struttura non troppo distante da Napoli, città di cui è originario, ma sicuramente meno affollata di Poggioreale. Per Angelo Esposito, recluso dal 10 gennaio scorso, la vita nella cella 55 bis era diventata insostenibile: 14 persone in uno spazio di circa 20 metri quadrati, con un solo bagno e una sola finestra, come lo stesso 59enne aveva denunciato in una lettera al garante regionale poi rilanciata dal Riformista.

Alla fine Esposito è stato accontentato, ma il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha pensato bene di spedirlo a Forlì. Cioè a più di 500 chilometri di distanza da Napoli, dalla sua famiglia e dai suoi avvocati. Ufficialmente si tratta di un trasferimento «per motivi di ordine e sicurezza». L’impressione di molti, incluso il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, è che si tratti di una punizione. Magari per aver denunciato lo strazio al quale sono sottoposti i detenuti nella cella più affollata d’Italia e d’Europa.

Esposito, cardiopatico e asmatico, deve scontare una pena definitiva a sei anni e sette mesi di reclusione. Il 10 gennaio scorso gli si sono spalancate le porte della cella 55 bis di Poggioreale. Qui Angelo è subito diventato il punto di riferimento degli altri reclusi e non ha esitato a denunciare le condizioni di vita all’interno di quell’ambiente. Lì, per esempio, i detenuti non possono stare seduti contemporaneamente perché lo spazio a disposizione è troppo esiguo. E poco importa che la Cassazione abbia recentemente ribadito che ciascun recluso ha diritto a uno spazio minimo vitale di tre metri quadrati da calcolare al netto delle suppellettili. E il distanziamento sociale, indispensabile in una fase in cui il Covid dilaga a Poggioreale? Nemmeno a parlarne.

Tanto che, in una lettera al garante Ciambriello, Angelo aveva lanciato l’allarme: «Se arriva il virus, per noi anziani sarà difficile uscirne vivi». Di qui la richiesta di trasferimento nel carcere di Vallo della Lucania, dove c’è un reparto idoneo ad accogliere persone chiamate a scontare la pena per lo stesso tipo di reato che a Esposito è costato la condanna. Stesso discorso per i penitenziari di Secondigliano, Benevento e Carinola. Il Dap, però, ha optato per Forlì. Poteva trasferire Esposito a una manciata di chilometri da Poggioreale, invece ha preferito spedirlo dall’altra parte dell’Italia, tra l’altro in una fase in cui il Covid dilaga fuori e dentro le celle. Il tutto nonostante la circolare, emanata proprio dal Dap il 10 novembre scorso, che impone di ridurre i trasferimenti dei detenuti «alle sole situazioni indispensabili correlate a gravi motivi di salute e a gravissime e documentate ragioni di sicurezza». In effetti è proprio questa la ragione del trasferimento indicata dai vertici di Poggioreale e del dap: motivi di sicurezza.

Eppure Esposito è tutto tranne che un pericoloso criminale e le sue condizioni di salute, per quanto preoccupanti, non erano tali da giustificare un trasferimento tanto repentino. Secondo il Dap, l’assegnazione del 59enne a Forlì è stata disposta il 29 ottobre su indicazione del Provveditorato regionale che «sconsigliava la movimentazione ambito distretto per motivi di sicurezza». Fatto sta che Angelo è stato trasferito dopo aver segnalato per mesi l’inferno della cella 55 bis e tre giorni dopo la pubblicazione dell’articolo-denuncia sulle pagine del Riformista. Coincidenza?

Non secondo Samuele Ciambriello che ha segnalato la vicenda al garante nazionale dei detenuti Mauro Palma e al capo del Dap Bernardo Petralia, evidenziando come il trasferimento di Esposito sia avvenuto «a seguito delle sue denunce circa il sovraffollamento e le condizioni igienico-sanitarie invivibili» di Poggioreale. E la famiglia di Angelo? «Sono pronta a qualsiasi sacrificio – dice la figlia Martina – pur nella consapevolezza che, d’ora in poi, incontrare mio padre sarà più difficile in termini economici e logistici».