Se si mettono in fila fanno impressione; se si pensa – come sono in molti a suggerire – che sono solo la punta di un iceberg ben più vasto, dovrebbero mettere in allarme tutti: sono i tentativi, a volte riusciti, a volte no, tutti scoperti negli ultimi mesi, di disinformazione, di ingerenza e di spionaggio vero e proprio messi in atto dalla Russia in Europa. Del resto, se qualcuno pensava che un Paese guidato da un ex capo del Kgb senza particolari scrupoli, stesse a guardare e non provasse in qualche modo a modificare l’orientamento dell’opinione pubblica europea ed ad fare ingerenze nella vita democratica dei Paesi occidentali dopo la scellerata decisione di invadere l’Ucraina nel gennaio 2022, sarebbe stato particolarmente ingenuo.

La guerra delle ambasciate. Accanto a quella in Ucraina c’è una guerra ben più sottile che corre nelle sedi delle rappresentanze russe in Europa e che ha portato, dal febbraio 2022, all’espulsione di oltre 500 diplomatici del Cremlino dalle capitali del Vecchio Continente. Se guardiamo solo all’ultimo mese, l’Islanda ha chiuso la sua ambasciata a Mosca e chiesto alla Russia di fare altrettanto, la Finlandia ha sospeso 9 diplomatici, la Romania ha imposto al Cremlino di dimezzare il suo personale a Bucarest e la Moldavia di ridurlo di due terzi.

La guerra delle antenne. Cosa ci fanno le quasi duecento antenne censite sui tetti delle ambasciate russe in Europa? La domanda è lecita sia perché duecento sono solo quelle visibili, sia perché non si tratta solo di tradizionali antenne paraboliche, ma di attrezzature ben più sofisticate, sia perché container dal misterioso contenuto sono presenti non solo sui tetti delle sedi diplomatiche, ma anche su quelli di edifici dove risiede il personale delle ambasciate: Polonia, Svezia, Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Bulgaria, Romania, Grecia e Portogallo sono paesi dove questi misteriosi contenitori sono stati rintracciati. Il record – non è sicuramente un caso – ce l’ha l’ambasciata russa a Bruxelles, sede delle Istituzioni europee e della NATO. E la preoccupazione che con queste attrezzature la Russia riesca a intercettare conversazioni telefoniche tra cellulari è quasi una certezza per gli esperti, tanto più che buona parte del personale espulso è di natura tecnica, con competenze specifiche nelle operazioni elettroniche di tracciamento e di intercettazione.

Doppelgänger. È questo il nome di una rete di disinformazione russa attiva sulla rete internet in Francia, Germania e in minima parte anche in Italia, scoperta da media e ONG tedesche e francesi, confermata da Viginum, il dipartimento della Difesa francese dedicato alla lotta contro la disinformazione e denunciata dal Ministro degli Interni francesi in una durissima dichiarazione contro la Russia di giugno.

La disinformazione corre online. Al netto di questa vicenda franco-tedesca, l’allarme sulla disinformazione è forte in molti Paesi europei. In Slovacchia, la Nato è arrivata a pianificare una campagna di informazione nazionale per contrastare una fortissima attività di disinformazione cavalcata politicamente da Robert Fico, il leader ex socialdemocratico che rischia il 30 settembre di vincere le elezioni politiche proprio su questi temi. In Italia un report dettagliato dell’Istituto Gino Germani mette in fila le “misure attive” di sovietica memoria messe in atto nel nostro Paese per far passare narrazioni pro Putin: ciò nonostante da noi nessuno ha ancora pensato a creare una struttura specifica come la già citata Viginium francese o come l’“Agenzia per la difesa psicologica” sotto il controllo del Ministero della Difesa svedese o come simili esperienze finlandesi e lituane. Sul tema della disinformazione va però ricordato che il Digital Services Act recentemente entrato in vigore nell’Unione Europea prova per la prima volta al mondo a mettere un po’ d’ordine in quello che spesso è il Far West digitale, anche nell’ottica di contrastare la disinformazione.

I roghi del corano. La Svezia è scossa in questi mesi da roghi pubblici del Corano, il testo sacro dei musulmani, provocatoriamente organizzati di fronte ad ambasciate di Paesi arabi. Mentre il governo sta cercando di contenere il fenomeno che, non è un caso, interviene proprio mentre il parlamento turco deve dare il definitivo via libera all’ingresso del Paese scandinavo nella NATO, è stato lo stesso Primo Ministro svedese a denunciare pubblicamente a luglio questi tentativi di ingerenza ad opera di Paesi che ne hanno interesse: ed il pensiero di tutti è andato non solo all’Iran, ma anche e soprattutto alla Russia.

La fornitura di armi. La notizia l’ha data qualche giorno fa il Washington Post: una rete di improvvisati sabotatori, reclutati tra richiedenti asilo ucraini in Polonia, è stata scoperta da Varsavia nei mesi scorsi. Gli annunci online cercavano persone per distribuire generici volantini, chi vi ha aderito si è ritrovato a diffondere per le strade propaganda russa, a chi ha proseguito nel lavoro è stato chiesto ben di più: l’obiettivo finale era impiegare il personale reclutato in sabotaggi lungo le linee ferroviarie che attraverso la Polonia fanno arrivare le armi occidentali all’Ucraina. Gli arrestati al momento in Polonia sono 12 rifugiati ucraini, un cittadino russo e tre cittadini bielorussi. “Penso che questo sia solo l’inizio”, ha dichiarato un funzionario dell’ABW, il servizio segreto polacco.

La rete di giovani leader pro-Cremlino. Venerdì scorso l’intelligence americana ha reso pubblico un rapporto classificato che rivela una organizzazione russa messa in piedi con l’obiettivo di reclutare un gruppo di giovani leader politici che il Cremlino spera possano sostenere la Russia e le sue politiche. Tra i nomi dell’organizzazione, compare quello di Natalia Burlinova, oggi formalmente accusata dagli Stati Uniti di essere un agente dell’FSB, il servizio segreto russo: Natalia è un nome già noto in Italia, per aver organizzato nel 2019 con l’associazione Picreadi un seminario con l’ISPI, così apprezzata da avere incredibilmente ancora una pagina a lei dedicata sul sito dell’istituto italiano per gli studi di politica internazionale nonostante sia ricercata dall’FBI.

E L’Italia? Al di là dei noti influencer pro-Russia, la cui eccessiva presenza nelle trasmissioni di informazione televisiva più volte è stata denunciata da molti ambienti politici, recenti sono le segnalazioni dell’Unità di antiriciclaggio sul milione di euro in contanti utilizzati in soli 90 giorni dall’ambasciata russa a Roma. Come è stata utilizzata quella somma ingente?

Il caso Vannacci. Il generale – che fino a qualche giorno fa era a capo dell’Istituto Geografico Militare e che viene corteggiato da alcuni partiti – è stato per un anno addetto militare all’ambasciata italiana a Mosca dal gennaio 2021, nominato da quel governo Conte che con Putin aveva un filo diretto tanto da accettare all’epoca del Covid una missione di intelligence in Italia, con la scusa di un aiuto al nostro sistema sanitario. Nell’ormai tristemente famoso libro il generale descrive cose idilliache della Russia e del suo regime, tanto da avvertire che se una democrazia “non riesce a dare risposte concrete soprattutto nei confronti della delinquenza comune”, “l’elettorato si rivolgerà verso forme di governo più efficaci nei confronti dei malviventi”. Lo stesso generale nel 2020 era balzato agli onori delle cronache per un esposto al Capo di Stato Maggiore proprio sui pericoli nell’utilizzo dell’uranio impoverito nelle forniture militari: sarà un caso sia stata nei giorni scorsi l’ambasciata russa in Italia – con tanto di articoli comparsi online su siti internet e richiamati da influencer non sordi ai richiami del Cremlino – a ricordare l’utilizzo di uranio impoverito nelle forniture di armi inglesi a Kyiv? Agata Christie, nota per sostenere che due indizi sono solo una coincidenza, avvertiva: tre indizi fanno una prova. Sicuri che passerà molto tempo prima di vedere una terza pistola fumante?

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva