Qualcosa di nuovo, anzi di antico, sta accadendo a Mosca, in particolare e in tutta la Russia occidentale. Esce quasi clandestinamente nelle sale un film “Il maestro e Margherita”, tratto dal romanzo di Bulgakov e ambientato in una inquietante Mosca degli anni Trenta ai tempi dello Stalinismo consolidato, che ha come oggetto l’inizio della censura sugli intellettuali. La morte di Navalny ha creato un legame tra i suoi seguaci e le lunghe file davanti ai cinema, al cui ingresso gli spettatori trovano la polizia che scheda e interroga tutti. Andare a vedere questo film è diventato già un atto se non di sfida, almeno di sfacciata imprudenza.

La salma di Alexei Navalny torna dal circolo polare in un furgone e subito viene chiusa nella teca dell’obitorio. Nessuno può sapere quali siano le possibili cause di una morte che è stata ufficialmente chiamata “immediata”: l’equipe medico-legale ha chiesto una proroga indefinita per emettere il certificato per “imprevisti” rallentamenti nella procedura. La gente viene picchiata e arrestata per aver deposto fiori, o per avere la foto di Navalny sullo zainetto. Gli arresti colpiscono specialmente nelle grandi città e solo a Mosca sono più di cinquecento. Tutti i sostenitori del dissidente scomparso sono potenzialmente accusati come Navalny di “estremismo”, un reato indefinito che può mettere nei guai chiunque senza possibilità di difesa.

Yulia Navalnaya, la moglie della vittima, accusa apertamente Vladimir Putin di aver fatto assassinare suo marito con il Novichok, una sostanza tossica nervina spesso usata per sopprimere in silenzio le voci scomode su territorio russo e altrove, specialmente a Londra. Yulia ha detto che proseguirà il lavoro di Alexei e che la sua morte ha piantato semi in tutte le coscienze: “Oggi si vede una nuova Russia, e sta a noi rappresentarla: noi colmeremo il vuoto lasciato da Alexei”.

Yulia ha 47 anni ed è apparsa ieri per la prima volta sul canale YouTube per annunciare ai sostenitori che la lotta di Alexei sarebbe continuata e che “per onorare il suo lascito dobbiamo lottare più disperatamente e furiosamente di prima. Lo so che sembra impossibile riuscire in questa impresa ma dobbiamo farlo, e formare insieme un grande pugno capace di buttare giù questo maledetto regime, buttare giù Putin con i suoi amici e i suoi banditi in uniforme e questi ladri e assassini che hanno sfigurato il nostro paese. Vi prego, schieratevi con me per condividere non soltanto l’infinito dolore che ci attanaglia tutti e che non lasceremo che si dissolva, vi prego di condividere la mia rabbia, il mio odio, la mia furia per coloro che hanno cercato di assassinare il nostro futuro uccidendo Alexei”. In tutte le città russe sono nati dei banchetti e memoriali con le foto di Navalny, dove la gente lascia pochi fiori sapendo che ogni ora la polizia li confisca e li porta via. Ma c’è un memoriale a Mosca, dedicato alle vittime dello stalinismo, dove la polizia non può portare via i fiori. Ed è diventato la meta di tutti i dissidenti e di tutti coloro che cominciano a organizzare punti riunione che non diano pretesti alla polizia.

Qualcosa di inaspettato ma già maturo sta accadendo in Russia dopo la morte di Navalny: le tensioni crescono nelle piazze e davanti ai cinema in cui si proietta il film “Il maestro Margherita” tratto dal romanzo di Bulgakov, che si svolge in una Mosca di fantasmi del periodo iniziale della censura e della persecuzione degli intellettuali negli anni Trenta. I putiniani hanno fortemente protestato riguardo la possibilità di proiettare nelle sale cinematografiche un film sull’assolutismo di cento anni fa che sembra identico a quello di oggi. La gente si insulta davanti ai cinema, dove scoppiano tafferugli promossi dalla stessa polizia che ferma picchia, arresta, sequestra mazzi di fiori e sorveglia chiunque esprima dubbi sulla guerra o addirittura porti un segnale giallo e azzurro, i colori della bandiera ucraina, sia per strada che negli show televisivi in cui viene massacrata ogni opinione scettica – per non dire apertamente critica – sulla guerra. Il partito dei favorevoli alla guerra vede nell’effetto causato dalle manifestazioni per Navalny un indizio antipatriottico, da cui ne sono seguiti molti tafferugli scatenati da agenti provocatori. Tafferugli a cui sono sempre succeduti interventi della polizia, sia a Mosca che a San Pietroburgo. Come effetto collaterale è stata emessa una direttiva che vieta ai mutilati di guerra circolare nelle aree del centro con le carrozzine per non aizzare l’opinione pubblica.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.