Aveva iniziato a prostituirsi per garantire un sostegno economico alla figlia, nonostante avesse 65 anni. Era la storia dietro la difficile esistenza di Marta Castano Torres, la donna colombiana uccisa nella mattinata di giovedì, col cadavere trovato nel sottoscala di una palazzina in via Durazzo, nel quartiere Prati a Roma.

Nello stesso quartiere e a poco meno di un chilometro di distanza la polizia ha trovato altri due corpi privi di vita: appartengono a due donne di nazionalità cinese, di 40 e 25 anni circa, che ufficialmente non hanno ancora un nome perché la loro identità deve ancora essere verificata dalla polizia. Anche loro, come Marta Castano Torres, erano prostitute: il timore degli inquirenti è che dietro i tre omicidi, efferati perché le tre vittime sono state accoltellate alla gola, vi sia lo stesso uomo.

Marta Castano Torres condivideva il piccolo appartamento alle pendici di Monte Mario e a due passi dalla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio con una parente che ieri mattina ha scoperto il corpo senza vita di Marta. Agli inquirenti, che l’hanno ascoltata in Questura, ha raccontato che avrebbe dovuto ricevere un cliente, scrive il Corriere della Sera.

I primi corpi ritrovati sono stati quelli delle due donne cinesi: a dare l’allarme poco prima delle 11 il portiere del palazzo di via Augusto Riboty dove le due prostitute ‘esercitavano’ la professione. Il primo corpo, quello della 40enne, è stato rinvenuto riverso sul pianerottolo del primo piano, il secondo nell’abitazione dove la polizia ha scoperto quello della più giovane delle due vittime, seminuda e a terra tra il sangue copioso sul pavimento.

Mentre la polizia era al lavoro per i primi rilievi assieme alla Scientifica, al 112 giungeva la segnalazione del ritrovamento del corpo di Marta Castano Torres poco distante, nella camera da letto di un’abitazione in un interrato in via Durazzo. Per capire la ‘cronologia’ dei tre decessi saranno fondamentali le autopsie, in programma forse già oggi al Policlinico Gemelli della Capitale.

Le indagini si starebbero concentrando in particolare sui tabulati telefonici delle tre vittime, per scandagliare i contatti avuti nelle ultime ore di vita con i presunti clienti. Ma fondamentale potrebbe essere l’impianto video presente sia nell’appartamento delle due donne cinesi che in quello della 65enne colombiana, che potrebbero aver ripreso i clienti e il killer.

L’omicida per ora resta un fantasma: nessuno, in particolare nel palazzo di via Riboty, ha visto o sentito nulla. Alle 10:30, come raccontato da più di un inquilino, il corpo della 40enne non c’era per le scale: a quell’ora era finita una riunione di condominio. Quindi il killer, è il ragionamento che filtra dagli inquirenti, potrebbe aver agito nel breve lasso di tempo tra la fine della riunione e il ritrovamento del cadavere, dunque circa mezz’ora, allontanandosi con vestiti ancora sporchi di sangue.

Redazione

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