Duran Barba, docente alla George Washington University, mago del marketing elettorale dai Caraibi alla Patagonia, ha lavorato negli ultimi mesi per racimolare voti preziosi dei latinos negli Stati uniti in favore di Biden. Senza riuscirci.  Gli immigrati di origine latina hanno votato in massa per Donald Trump, regalandogli punti percentuali in alcuni swing states: innanzitutto in Florida.

Ma esiste un voto latino liberal negli Stati Uniti o gli immigrati dal sud votano davvero quasi tutti a destra?
A parte il voto politicissimo dei cubani, dei venezuelani e in parte dei colombiani residenti in Florida, i latinos sparsi per gli States sono di destra secondo i vostri canoni europei. Gli immigrati messicani tradizionalmente votano a destra. E i latinos residenti nella costa ovest e negli stati centrali dell’America rurale sono iperconservatori. Non c’è modo di spostare il loro voto a sinistra.

Trump dice ai latinos: siete brutti, sporchi, e pericolosi. E loro lo votano in massa. Perché?
Perché i suoi insulti fanno parte dello show, non offendono la sua base. Dieci, quindici anni fa, ancora una parte consistente dei latinos votava liberal, ma con la crisi economica non più. Hanno paura di perdere quel che hanno e votano a destra.

Quindi la politica di Trump economicamente li ha beneficiati?
I piccoli imprenditori immigrati del sud ritengono di sì. E comunque la retorica antitasse fa presa su chi di loro ha piccole aziende di servizi, e molti ce l’hanno.

E la propaganda trumpiana sul muro con il Messico? Piace anche quella ai latinos?
La maggior parte di loro, specialmente quelli di seconda generazione, si sente statunitense, non ospite, o ama pensarsi tale, seppur con una identità fortemente legata alla comunità d’origine. E la crisi ha spazzato via ogni remora. I latinos non vogliono altri latinos tra i piedi. Hanno paura che gli portino via il lavoro. I latinos che vivono in California poi, un mondo in un’altra orbita ma dove c’è una forte componente immigrata asiatica, sono fortemente razzisti con gli asiatici. Solo chi ha bisogno di ricongiungimenti familiari è contrario al muro.

In Florida invece ha funzionato la favola che Biden fosse una minaccia socialista?
Quello è stato un voto super politico. I venezuelani, ce ne stanno centomila in Florida, e i cubani hanno un pensiero fisso: odiano la famiglia Castro e odiano Maduro. Non pensano ad altro in politica che a farla pagare a quelli che li hanno fatti scappare da casa loro. È bastato a Trump negli ultimi quindici giorni di campagna mitragliarli di stupidaggini sulle intenzioni dei dem di trasformare la Florida in un sistema socialista. Ma l’avrebbero votato comunque, sono tradizionalmente repubblicani i latinos della Florida.

Il movimento Black Lives Matter ha avuto un impatto sulle elezioni?
No, perché i posti nei quali ha spostato percentuali di voto anche grosse erano comunque già saldamente in mano ai dem.

Statunitensi di origine latina dicono di essere stati oggetto di una campagna superficiale e grottesca da parte dem e da parte repubblicana. Dicono che i latinos sono considerati dalla propaganda rozzamente un insieme indistinto, come se fossero tutti rancheros messicani. Gli sono arrivate lettere ridicole da parte dei due candidati, con contenuti standardizzati e fatti male. A Biden che ha vinto per un soffio quei voti sarebbero serviti, avrà mica sbagliato qualcosa nella sua campagna?
Io credo di no, che non fosse possibile captare quei voti trumpiani. Trump è un candidato difficile da battere da sinistra perché è il candidato del proletariato. Esprime le esigenze di molti americani che sono stati protagonisti delle due prime rivoluzioni industriali, danneggiati dalla terza, che si oppongono rabbiosamente all’establishment. Le smargiassate bugiarde di Trump fanno parte di un reality che gli ha assicurato i voti di questa grande fascia sociale di espulsi dal mondo moderno. Non abbastanza voti da farlo vincere di nuovo, ma quasi. Quando lui decide di entrare in un tempio battista e subito dopo in una chiesa cattolica provocando la condanna dei vescovi delle due religioni fa un numero che funziona perché normalmente quando un candidato va in una chiesa cerca i voti di quei credenti e si mette prima d’accordo con le autorità ecclesiastiche. Ma non era questo che cercava Trump. Quello che Trump cercava era infastidire e scandalizzare la società beneducata, inclusi i vescovi. La stessa cosa è accaduta quando lui, omofobo, si è messo a ballare una musichetta considerata da alcuni un inno gay. Così come quando lui, costantemente sprezzante nei confronti degli afroamericani, si è fatto una foto con un guanto nero simbolo degli atleti delle Black Panthers. Comportamenti che divertono la sua base.
Questa volta, come quattro anni fa, gli intellettuali, la maggior parte degli artisti, le università e i principali mezzi di comunicazione hanno combattuto contro Trump. Ma rappresentano i soggetti di successo di una modernità in ascesa, la stessa modernità e lo stesso successo che indispettisce moltissimi operai e uomini bianchi poco educati del rust belt, la cintura industriale decaduta con la deindustrializzazione, che si sentono minacciati personalmente dalla robotizzazione, dall’intelligenza artificiale e dalla globalizzazione. Pittsburgh, Milwaukee, Chicago, Gary, Cleveland, Buffalo, Detroit sono stati il centro dell’industria siderurgica. Le conseguenze sociali e culturali della deindustrializzazione e del declino della manifattura che hanno convertito questo cinturone industriale in un luogo di fantasmi sono state enormi per molte persone: perdita della sicurezza di sé, deterioramento dell’educazione da offrire ai figli e sensazione di precarietà, di esclusione e di rabbia. Alcuni dei centri del boom delle manifatture sono collassati. Cleveland, Detroit, Buffalo e Pittsburgh hanno perso quasi il 45% dei loro abitanti.
Queste persone non sono riuscite a riciclarsi nelle industrie emergenti, non servono nella nanotecnologia, nella biotecnologia oppure nelle imprese che si sono sviluppate per esempio nell’ovest, in luoghi come la Silicon Valley con un livello di cultura media della popolazione ben più alto. Per questa ragione il discorso di Trump ha avuto una presa fortissima tra gli operai che non possono integrarsi nella terza rivoluzione industriale. I bianchi disoccupati poveri hanno permesso a Trump di fare un ottimo risultato nel 2016. Trump è stato il candidato del proletariato allora e lo è tornato ad essere il 3 novembre.

Facciamo due conti?
Nel 2016 Trump ha vinto grazie a loro, grazie a pochi voti che gli hanno dato i 55 delegati con cui è arrivato alla Casa Bianca: nel Michigan per 47,5% contro 47,3%, in Pennsylvania per 48,58% a 47,86%, nel Wisconsin per 47,2% a 46,45%. Il 3 novembre si è ripetuto il quasi pareggio con piccoli cambiamenti che stavolta hanno dato la maggioranza a Biden: nel Michigan per 47,9 a 50,6. In Pennsylvania per 49,3 a 49,5, nel Wisconsin per 48,9 a 49,6.

Crede che tenterà di impugnare il risultato o considera anche quell’uscita parte dello show?
Il suo esercito di avvocati è abituato a ricorrere nei tribunali e forse finirà per andare davvero alla Corte per tentare di annullare il conteggio dei voti postali, ma io credo che gli Stati Uniti possano contare su magistrati che si attengono ai codici e che non sono vincolati così fortemente a calcoli politici. Soprattutto io credo che nel partito repubblicano Trump non abbia più appoggi, non rappresenta i valori di quel partito. Così come non ha più grandi amici nell’establishment. Lui quando ha perso il potere ha perso tutto. Nessuno dei grandi dirigenti repubblicani, come nessuno dei grandi poteri statunitensi, lo accompagnerà in un’avventura giudiziaria. Il problema serio di Biden è che ora si trova ad essere presidente di un Paese diviso che deve riuscire nel miracolo di far sì che la quarta rivoluzione industriale ormai alle porte recuperi, dio sa come, quella massa di individui già sbattuti fuori dalla terza. Auguri…