Egemonia culturale. Così Antonio Gramsci avrebbe ribattezzata, se avesse visto lo spettacolo natalizio di Atreju, la planata romana di Elon Musk nella convention annuale dei Fratelli d’Italia, che per la prima volta esprimono il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana.

Sì, perchè quella messa in mostra sotto i bastioni di Castel Sant’Angelo -a pochi passi da una Città del Vaticano dove regna un Bergoglio che viene quotidianamente messo sotto attacco da settori di varia natura- è a tutti gli effetti una forma di dominio culturale, intellettuale e morale da parte di un gruppo che vuole imporre alla società (un tempo si sarebbe detto alle masse) il proprio punto di vista in funzione dell’affermazione di una rivoluzione.

La domanda, a questo punto, è lecita: ma qual’è lo scenario politico, culturale e intellettuale che spinge Giorgia Meloni -dentro il suo ennesimo atto di camaleontismo- a mandare in soffitta JRR Tolkien per abbracciare il fondatore di Tesla? La risposta sta nella biografia dell’ospite americano: pluri-pluri miliardario alla guida di colossi del web che sostanzialmente non pagano tasse o se ne pagano si limitano agli spiccioli, padrone di un social network globale (X) dove il cospirazionismo, l’odio, e la disinformazione scorre a fiumi, fondatore di una società automobilistica che punta tutto sull’elettricità e la guida automatica, pioniere dei viaggi spaziali privati e fornitore ufficiale della NASA che a lui terziarizza segmenti interi dell’aerospazio a stelle e strisce, titolare di una società (Neuralink) che studia come impiantare nel cervello umano un chip per raggiungere la sintesi tra l’intelligenza umana e quella artificiale. E ancora: versatile imprenditore geopolitico che offre e toglie i suoi satelliti a Kiev, e si offre in soccorso (si presume a partita IVA) a Netanyahu dopo il 7 ottobre dopo aver generato sui social quella che il governo Usa ha definito “un’aberrante promozione dell’antisemitismo e dell’odio razziale”.

E, per finire con una nota biografica personale, è anche il padre di undici figli, due dei quali commissionati con la “gestazione per altri” (meglio conosciuto alle latitudini meloniane come “utero in affitto”), modalità che incidentalmente la destra italiana ha definito con uno specifico disegno di legge in corso di approvazione in Parlamento come “crimine universale” al pari della pedofilia, della schiavitù o del genocidio. Sul piano politico -inutile girarci attorno- la calata romana di Elon Musk è l’avvento del tentativo di ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, nuovo capo mondiale dell’internazionale sovranista, verso la cui ipotesi Giorgia Meloni sta iniziando a orientarsi come l’ombra di una meridiana al sole che segue pedissequamente l’andamento dello scorrere della Storia.

Sul piano culturale e intellettuale, vi è di più. E il profilo di Elon Musk lo descrive. È la glorificazione della trasformazione della persona in strumentoi, meccanismo e oggetto della nuova “infocrazia”, il regime nel quale viviamo che sta producendo sconvolgimenti nelle nostre vite e nel processo democratico delle nostre società. La persona, dentro questa corrente, si va trasformando da soggetto ad oggetto. Da elemento di centralità su cui si costruisce il sistema dei diritti e dei doveri, ad elemento di subalternità rispetto alla logica consumeristica e mercificante dei tempi che viviamo (e che vivremo).

Il nuovo futurismo della destra globale, al quale Fratelli d’Italia approda, è imperniato sul “dataismo”, sulla pretesa di calcolare tutto ciò che sarà attraverso l’impiego sfrenato degli algoritmi che si alimentano con il flusso di dati che quotidianamente noi regaliamo ai “big boss” della rete come Musk o Zuckenberg. L’egemonia culturale di questa nuova destra ci spinge a ricercare la nostra identità dentro il consumo, l’identità stessa è diventata una merce. Predica la libertà assoluta con tratti anarcoidi, ma in realtà sottopone le nostre vite ad una profilazione totale finalizzata al controllo psico politico del comportamento di ciascuno di noi.

Il nuovo regime infocratico, di cui Musk è uno dei campioni globali, aspira ad un sapere totale dagli inevitabili tratti autoritari.
Carl Schmitt, il noto teorico dello stato di eccezione, dopo la Prima guerra mondiale aveva definito il principio della sovranità, dicendo che “Sovrano è colui che decide sullo stato di eccezione”. Dopo la Seconda guerra mondiale, si corresse e disse: “Sovrano è colui che dispone delle onde spaziali”. Tornasse in vita oggi, probabilmente riscriverebbe ancora la teoria del principio di sovranità, affermando che “Sovrano è colui che dispone e impiega delle informazioni in rete”.

Nel suo libro “Fisica sociale”, Alex Pentland, direttore dello Human Dynamics Lab del Mit di Boston, ha scritto: “Grazie alla mole di dati che disponiamo e di cui disporremo, possiamo osservare la società in tutta la sua complessità, attraverso i milioni di reti tra cui passano gli scambi tra una persona e l’altra. Se potessimo avere una visione “onnipotente”, cioè a 360 grandi, potremmo arrivare a comprendere appieno tutti i meccanismi sociali e intervenire per risolverne i problemi”.

L’infocrazia, insomma, ha quasi uno sguardo divino, promette una nuova terra promessa, agisce come una liturgia laica.
Del resto, a ripensarci, lo stesso Rousseau (il nome dice qualcosa, caro Conte?) aveva concepito la famosa “volontà generale” come una grandezza numerico-matematica, oggettivizzata, apolitica. E’ la matematica che generava la volontà generale. Come oggi si vorrebbe lo fosse l’algoritmo.

E la politica? La democrazia? La partecipazione? Tutta in soffitta, come cianfrusaglia e anticaglia del passato.
La politica è superflua dove la dimensione inforcratica genera le risposte in automatico.
In questo, Musk è assolutamente, coerentemente di destra. Anche se fa il surf sulle innovazioni e sulla ricerca di futuro. E quindi era a suo agio ad Atreju. È la nuova destra, futurista e infocratica, che si propone di affermare la sua rivoluzione culturale sul secolo XXI.

La Meloni dei “campi hobbit” avrebbe urlato inorridita davanti a questo scenario, vedendo nel miliardario statunitense il nuovo Saruman che costruisce macchine infernali producendo umanoidi che si plasmano alla sua sete di ambizione e potere.
Oggi si allinea, in maniera conformista. Resta un punto: forse è il tempo di elaborare una risposta a questa deriva tecnocratico-totalizzante in grado di incarnare nel futuro i principi di libertà, giustizia e democrazia. E questo, davvero, potrebbe essere il terreno per costruire qualcosa di diverso, lontano dalle chiacchiere salottiere dei “campi larghi” o ai nostalgismi dei tempi che furono e che -con buona pace di tanti- non torneranno più. Prima che questo nuovo nichilismo patinato faccia degenerare definitivamente la nostra Storia repubblicana.