Una storia singolare che arriva da Firenze
È morto da due anni ma i giudici lo condannano al carcere
Prima la condanna in appello per peculato, quando era già morto. E ora la richiesta di interdizione in carcere per l’esecuzione della pena, diventata nel frattempo esecutiva.
Una storia paradossale che ha per protagonisti un uomo, deceduto nel 2019, e la giustizia italiana, per la quale l’imputato era semplicemente ‘irreperibile’.
La vicenda
Tutto ha inizio nel 2010 quando l’uomo, che viveva a Sesto Fiorentino in provincia di Firenze e lavorava come custode di un impianto sportivo, viene indagato dalla procura di Firenze per peculato. Come amministratore di fatto di un’agenzia di pratiche auto, secondo l’accusa avrebbe trattenuto i soldi relativi ai bolli che invece andavano versati all’Aci.
Nel 2012, riconosciuto colpevole, viene condannato in primo grado a un anno a quattro mesi, in un processo celebrato con rito abbreviato. Ma per la Procura la condanna non è adeguata, quindi ricorre in appello. Dopo ben 7 anni, nel 2019, viene quindi fissato il processo di secondo grado. Ma il suo avvocato, Giovanni Marchese, non riesce a rintracciarlo.
Il 14 novembre del 2019 arriva la sentenza: la condanna viene aumentata a due anni e due mesi di reclusione. Il difensore, continuando a cercare il proprio assistito, scopre la verità in modo del tutto casuale, poche ore prima del verdetto, tramite un conoscente in comune. L’uomo era deceduto a maggio 2019 a soli 53 anni.
Quando lo riferisce ai giudici, ormai è tardi: la sentenza era già stata emessa e non poteva essere annullata, nonostante la morte estingua il reato. La notizia viene riportata in un foglietto allegato alla documentazione sul caso, probabilmente poi andato perso. E così la macchina della giustizia è andata comunque avanti, nonostante tutto. Fino a qualche giorno fa, quando l’ufficio esecuzioni penali della procura generale ha notificato al difensore l’ordine di esecuzione pena.
Nel documento si legge che il condannato ha diritto a richiedere misure alternative alla detenzione, come i domiciliari, entro 20 giorni. Se non lo farà, finirà dritto in carcere.
Morto per tutti da due anni e mezzo, tranne che per la legge.
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