È una vergogna quello che è successo l’altro giorno in Parlamento durante le votazioni per eleggere i rappresentanti laici (cioè non magistrati) nel Csm. Si stava votando su una lista di nomi tra i quali quello prestigioso dell’avvocato Giuseppe Valentino, che era stato scelto personalmente, credo, dalla presidente del Consiglio. C’era un accordo tra quasi tutti i partiti per eleggere dieci nomi che potessero rappresentare tutte le correnti politiche e tutte le opinioni nel campo della giustizia (per essere eletti nel Csm occorrono i tre quinti dei voti, quindi serve un accordo oltre la maggioranza).

Non era un mistero per nessuno che Valentino, se eletto, sarebbe poi stato il candidato più accreditato per diventare il presidente del Csm (in realtà, vicepresidente, perché il titolo di presidente, per Costituzione, spetta al capo dello Stato). Il voto procedeva senza intoppi, i titoli dei giornali erano già pronti, quando all’improvviso nell’aula di Montecitorio ha fatto irruzione una notizia riportata dal sito online di Repubblica, e poi da tutti gli altri siti, e immediatamente ripresa da un deputato dei 5 Stelle. Secondo questa notizia, l’avvocato Valentino sarebbe indagato a Reggio Calabria in un’inchiesta di ‘ndrangheta. Scatta la rivolta nei 5 Stelle. Scatta la paura, anzi il panico, in tutti gli altri gruppi, compreso il gruppo di Fratelli d’Italia che aveva proposto la candidatura. Consultazione tra i leader. Rapidissima decisione di sostituire in corso di votazione il candidato. Via Valentino, dentro il professor Felice Giuffrè.

Non era mai successa una cosa del genere, credo, nel Parlamento italiano. È stato un colpo di mano attuato in forme fino a oggi non immaginate da nessuno. Qualche esponente della procura di Reggio Calabria ha fornito una carta ai giornalisti di Repubblica, i quali nel giro di pochi minuti hanno sparato la cannonata che ha cambiato gli equilibri nel Csm e ne ha determinato un cambio di guida. La decisione di asfaltare l’avvocato Valentino è stata evidentemente della procura di Reggio che l’ha presa sulla base di sue proprie considerazioni politiche. Chiaro? Politiche. In che cosa consiste l’indagine? In una vecchissima inchiesta, avviata nel 2003, cioè vent’anni fa, sulla base di una intercettazione di una riunione di Alleanza Nazionale nella quale qualcuno consigliava al sindaco Scopelliti di diventare “capomandria”, e cioè di essere meno “re” e più vicino al popolo (che dalla Procura fu interpretata come chiara prova di rapporti con la mafia, visto che, pare, anche la mafia è vicina al popolo…).

Poi l’indagine – come è logico – finì in un cassetto, perché non si reggeva in piedi; ma una decina di anni dopo fu riesumata da un solerte Procuratore aggiunto sulla base delle accuse di un pentito che, sembra, non amava molto Valentino. Anche questa inchiesta non stava a galla e a Valentino fu detto che era finita archiviata. In realtà, a quanto sembra, non era mai stata formalmente archiviata, e questo lo sapevano solo alcuni nella procura di Reggio. I quali hanno pensato che la notizia potesse essere utile per azzoppare l’avvocato.

I fatti gravissimi sono tre. Il primo è l’iniziativa di qualche magistrato di Reggio che ha fornito la notizia a Repubblica, non in modo casuale ma evidentemente a scopo politico. Il secondo è l’etica professionale, francamente deboluccia, di un giornale che decide di farsi strumento di una Procura per dare l’assalto al Parlamento. Il terzo fatto grave è la vigliaccheria del Parlamento, che in tre minuti ha deciso di chinare la testa e di gettare a mare Valentino. Vigliaccheria, sia ben chiaro, di tutto il Parlamento. Almeno, credo: non mi risulta che qualcuno si sia ribellato.

Volete sapere qual è la differenza tra magistratura e Parlamento? I magistrati qualche mese fa hanno votato ed eletto in Csm il Pm Dario Scaletta, che era sicuramente indagato ma probabilmente innocente. Il Parlamento non ha votato Valentino che era forse indagato e sicuramente innocente. I magistrati sono una corporazione. E una corporazione seria. Il Parlamento è un gruppo di paurosi. Per questo il Parlamento è sottomesso alla magistratura e molto, molto difficilmente potrà un giorno riformare la giustizia.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.