Oggi è scaduto il termine di presentazione delle autocandidature per l’elezione dei dieci componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura e il Parlamento è convocato in seduta comune martedì 17 pomeriggio. La prima e la seconda votazione richiedono un quorum di 363 voti ed è probabile che in assenza di un accordo tra maggioranza e opposizione vi sia una fumata nera e non è da escludere che vengano messe in campo operazioni spericolate e colpi di maggioranza spuria dal terzo scrutinio. Non sarebbe uno spettacolo dignitoso per la credibilità delle istituzioni, ma questo mi pare non preoccupi chi pensa solo ad occupare tutti i posti di potere.

Purtroppo la decisione dei presidenti di Camera e Senato, Fontana e La Russa, di stabilire regole che hanno vanificato la timida riforma approvata con la legge 71 nel giugno 2022, per garantire procedure trasparenti e la parità di genere rischia di riprodurre la logica della spartizione partitocratica che nel 1990 Franco Russo, Franco Servello e io denunciavamo con una attenzione non scontata della Presidente Iotti. Quel precedente l’avevo raccontato sul Riformista lo scorso 16 novembre e non può essere cancellato. Per svelare i giochi sotterranei occorrerà aspettare martedì mattina quando saranno presentati i candidati da parte dei partiti, senza tempo di discussione pubblica; anche questo termine differenziato pare studiato per favorire disdicevoli blitz.

Vediamo intanto che cosa ci dicono le autocandidature: sono più di duecento, di cui più di 160 avvocati e una quarantina tra professori ordinari in materie giuridiche e avvocati professori. Le donne presenti sono poco più di cinquanta e rappresentano circa il 25% rispetto alla previsione di almeno il 40%. Purtroppo non avere previsto la presentazione di un curriculum (solo Andrea Patroni Griffi ha ritenuto di inviare il proprio a tutti i parlamentari) impedisce una valutazione e non avere immaginato neppure un organismo di esame e selezione mostra un disinteresse da parte dei vertici del Parlamento per una elezione delicata che dovrebbe ridare prestigio all’organo di autogoverno della magistratura colpito da scandali e discredito.

Le candidature sono tante ma in queste condizioni appaiono una vetrina senza prospettive e comunque merita una riflessione la numerosa partecipazione e il mettersi, magari ingenuamente, in gioco. È un segno di rispetto a una richiesta di disponibilità o una pura testimonianza di esistenza come se la candidatura desse un titolo? Scorrendo i nomi si trovano alcune persone di valore scientifico e di spessore politico e culturale con esperienze significative come Tamar Pitch, Raffaele Della Valle, Maria Elisa D’Amico, Luigi Pannarale, Stefano Passigli, Gaetano Pecorella, Giuseppe Rossodivita. C’è ancora tempo per una discussione pubblica e soprattutto che deputate e senatrici impongano un metodo di votazione che non riduca a beffa la previsione della parità di genere richiamata citando gli articoli 3 e 51 della Costituzione.

La sollecitazione al Presidente della Camera per realizzare gli adempimenti necessari per applicare con rigore e lealtà la nuova legge era stata avanzata con una lettera circostanziata da Riccardo Magi, deputato impegnato sul fronte dei diritti civili e sociali, con un esito deludente. Sono sicuro che la sua voce si alzerà a Montecitorio per contestare una scelta truffaldina che mortifica la repubblica. Come tanti anni fa sarebbe bello che altre voci si unissero per difendere la democrazia. O quel che ne resta.