Il ministro Carlo Nordio si è presentato davanti alla commissione giustizia del Senato ed ha illustrato il suo programma. Un ottimo programma. Dopo le paurose sbandate dei primi giorni (in particolare in occasione del decreto-rave e delle sue dichiarazioni sull’ergastolo ostativo) Nordio è tornato alle sue origini di liberale e garantista. Perché il suo ritorno fosse chiaro e visibile, lo ha dichiarato esplicitamente, usando proprio quelle due parole: “Pensiamo a riforme in senso liberale e garantista”.

Poi si è occupato di alcuni dei problemi principali che sono sul tappeto. Le intercettazioni (“strumento micidiale di delegittimazione”, ha detto), l’obbligatorietà dell’azione penale (“che produce intollerabili arbitrii”), la separazione delle carriere (“necessaria”), l’abolizione del reato di abuso di ufficio (“altrettanto necessaria”), la riduzione della custodia cautelare (“spesso usata come strumento illegittimo di pressione”). Non è poco. Se davvero il ministro riuscisse a sfondare le resistenze del governo e a realizzare questo piano, entrerebbe nella storia. Il problema è che Nordio esercita il suo ruolo in un governo che di garantista ha poco poco. Specialmente nella sua componente principale, quella di Fratelli d’Italia.

Noi del Riformista siamo persone sempre ottimiste, e tendiamo a credere nelle promesse. Anche se dobbiamo tenere conto di alcuni segnali che non vanno nella direzione giusta. Abbiamo pubblicato ieri le indiscrezioni sulla volontà del governo di bloccare l’emendamento di Forza Italia sulla inappellabilità dell’azione penale. Per paura di Travaglio. E dobbiamo prendere atto del fatto che proprio ieri (tra l’altro con l’appoggio del Pd) la maggioranza ha respinto due emendamenti di Italia viva, uno in favore degli ergastolani l’altro in favore della depenalizzazione. Il rischio è che le buone intenzioni di Nordio restino buone intenzioni. E che vinca la realpolitik. Cioè vinca la componente giustizialista che è presente e viva nella destra come lo è nella sinistra. Quella che negli ultimi trent’anni ha sempre vinto e ha sempre spinto il nostro sistema giudiziario verso le sponde del giustizialismo. Speriamo che sia una preoccupazione infondata.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.