Le prime pagine dei giornali di ieri fanno venire i brividi. Con sfumature varie sono tutti con la Meloni (tranne le mosche bianche del manifesto e del Dubbio). Anche i giornali che avanzano qualche critica non osano né mettere in discussione la decisione di rafforzare l’ergastolo, in violazione della Costituzione, né quella di rinviare la riforma Cartabia per ordine (è stata questa la giustificazione addotta dal ministro) delle procure generali. I giornali che più colpiscono da questo punto di vista sono quelli della destra. Il Giornale, Libero, la Verità. Che sussumono anche nel linguaggio la spinta fasciogrillina – come l’abbiamo definita ieri su questo giornale, credo senza nessuna forzatura – che è alla base ideologica ed emotiva dell’offensiva reazionaria e di attacco allo Stato di Diritto lanciata da Giorgia Meloni.

I grandi giornali, forse in imbarazzo, cercano di aggirare il problema con titoli generici, che non comunicano le notizie clamorose uscite dal Consiglio dei ministri. Che poi sono quattro. Prima: sfida alla Costituzione, alla Consulta e all’Europa sull’ergastolo e sulla necessità di pentirsi e di mettersi a disposizione delle Procure per ottenere i benefici di legge (con l’aggiunta che si deve dimostrare la futura buona condotta). Questa prima sfida, oltre che alla Costituzione, a ben vedere, è anche ad Aristotele e alla logica formale. Seconda: sfida di nuovo alla Costituzione con la decisione di proibire le riunioni di massa previste come legittime dall’articolo 17 della Carta. Terza: inginocchiamento davanti alla magistratura che chiede di bloccare la riforma Cartabia. Quarta: sfida alla scienza, sbeffeggiata per avere ridotto le conseguenze tragiche dell’epidemia di Covid.

Come possano politici, intellettuali e giornalisti applaudirle questa raffica di decisioni insensate e repressive, è un mistero. Anzi, è la prova della fine ingloriosa di quella che fu la arrembante intellettualità italiana dei tempi di Calvino, Sciascia, Biagi, Scalfari, Montanelli. Ora il mito di tutti, anche se magari senza dichiararlo, è Marco Travaglio. Ieri è stata la giornata del trionfo di Marco Travaglio. Lui, più di tutti gli altri, si è sempre e con coerenza assoluta battuto per una politica giudiziaria fortemente repressiva e giustizialista. Si è sempre detto convinto, con tutta la sua spavalderia un po’ spocchiosa, che solo una politica fermissima di carcere, e punizioni, e processi duri e talvolta un po’ sommari, e di riduzione di tutte le garanzie dello Stato di diritto (perché gli imputati sono dalla parte del torto e i giudici da quella della ragione), possa un giorno avviare la rigenerazione di questa società e aprire le porte alla modernità.

Onore a Marco, che ieri ha stravinto. Ha ottenuto da Giorgia Meloni e da un governo che sicuramente contiene al suo interno delle sfumature fasciste, quello che non era riuscito ad ottenere dai governi dell’avvocato Conte. Ciò che stupisce non è la vittoria di Travaglio: è la corsa al carro di Travaglio. Ma non ci avevano detto che il garantismo è una robaccia della destra? E i giornali della destra, effettivamente, non avevano fatto a gara a dichiararsi garantisti? Tanto che molte volte ci siamo trovati fianco a fianco in molte battaglie, contro lo strapotere della magistratura, contro i processi-persecuzione, contro l’incontrollabilità dei Pm, contro le inchieste ad orologeria, contro una infame politica carceraria e la violazione dei diritti dei condannati e degli imputati? Abbiamo fatto insieme – se non ricordo male – le battaglie per chiedere che Dell’Utri – innocente e vittima delle folli regole sulle aggravanti mafiose, anche in assenza di reato – fosse liberato dal carcere. E non abbiamo marciato assieme – sconfitti – per difendere Totò Cuffaro, anche lui vittima della persecuzione dell’antimafia professionale? E abbiamo denunciati i pentiti che travolsero Tortora, e quelli del depistaggio Scarantino. Ricordo male? Beh, amici miei, dove siete finiti? Scherzavate? Lo facevate solo così, magari perché avevate qualche amico nei guai?

Se è così devo dire che avevano ragione tanti amici che mi contestavano. Mi dicevano: guarda i tuoi compagni di viaggio, credi davvero che siano liberali? Io rispondevo di sì, perché davvero lo credevo. Che cretino, che sono stato, che illuso! Noi del Riformista, insieme agli amici radicali e a quelli delle Camere penali, evidentemente, sparuta pattuglia di acchiappanuvole, ci credevamo: non pensavamo di essere finiti dentro una grande finzione e un giochetto politico piccolo piccolo. Ho letto il titolo del Giornale del mio amico Minzolini. A tutta pagina: “Sistemati gli sballati, ora tocca ai fannulloni”. Augusto, che fai? Vuoi scavalcare il Fatto? Vuoi affermare che ormai il fasciogrillismo ha dilagato ed è inarrestabile? Tralascio di copiare i titoli del Tempo, di Libero (che pubblica in prima un titolo supergiustizialista, ma almeno piccolo piccolo…) della Verità. Diventerei noioso. Semplicemente mi faccio tre domande. la prima dettata dalla disperazione, la seconda e la terza dalla speranza.

1- Sarà possibile continuare a combattere una battaglia liberale – non esiste liberalismo senza garantismo – così isolati?
2 – Possiamo sperare che Forza Italia, che nel centrodestra è l’unica forza con radici garantiste (quasi tutte legate semplicemente alla forza e al pensiero del suo capo) rovesci il tavolo e gridi: “ora fermatevi, o vi fermate o noi dal carro fasciogrillino scendiamo perché non è roba nostra”.
3 – Il Pd, ora che è all’opposizione, avrà il coraggio di alzare la voce? Non solo sui rave, per carità. Il garantismo non è solo a favore dei giovani, anche dei disgraziati. Non solo di chi è a piede libero, anche degli ergastolani. Vi prego, amici del Pd, ora che non avete legami di governo, tornate ai vostri ideali, agli ideali di tutte le persone libere di pensiero: lanciate una freccia a difesa degli ergastolani vittime della propaganda dei fasci e dei pentastellati.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.