Separazione delle carriere fra pm e giudici, depenalizzazione, limiti alla discrezionalità dell’azione penale, revisione dei reati che riguardano la pubblica amministrazione. Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto a Venezia fino al 2017 e neo Guardasigilli, non ha deluso le aspettative: le sue prime dichiarazioni da ministro della Giustizia hanno infatti fatto la felicità dei fautori del diritto penale liberale. Un netto cambio di passo dopo la gestione “manettara” e “forcaiola”, sotto la supervisione del Fatto Quotidiano, del grillino Alfonso Bonafede.

Il terreno, ovviamente, è minato. Prima di cantare vittoria bisogna muoversi con i piedi di piombo. Di separazione delle carriere in magistratura, ad esempio, si discute senza alcun risultato da circa trent’anni, con in mezzo anche un paio di referendum. L’argomento principale da parte degli oppositori è sempre lo stesso: con la separazione delle carriere il governo vuole imbrigliare i pm, condizionandone le scelte investigative. Tradotto in altre parole, dal momento che la separazione delle carriere è una storica battaglia di Forza Italia, si tratterebbe di un favore a Silvio Berlusconi per salvarlo dai processi. “Una balla colossale: nei Paesi dove c’è la separazione delle carriere non c’è il controllo dell’esecutivo”, è stata la risposta di Nordio.

Il tema, invece, è la “piena applicazione” del codice di procedura penale del 1989, “scritto da Giuliano Vassalli, medaglia d’argento alla Resistenza, ricorda Nordio, a differenza del “codice penale del 1930 che porta la firma del Duce”. Il codice Vassalli funziona con “principi opposti a quelli attuali”, a cominciare proprio dalla separazione delle carriere e dalla discrezionalità dell’azione penale. Si tratta di un codice, di tipo accusatorio, non fatto per i maxi processi e per un numero di reati sproporzionato come quelli che ci sono in Italia. “Nei Paesi anglosassoni, solo il 5 percento degli indagati va a giudizio”, precisa Nordio, “in Italia pm e gip si sentono obbligati a portare avanti il procedimento”.

Ed è questa, quindi, la prima causa della congestione degli uffici giudiziari, con un carico di processi non gestibile a meno di non aumentare a dismisura gli organici. Sempre per sfoltire i processi, un rimedio per Nordio è l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione. “Il processo d’appello si svolge sulle carte del primo grado: la legge prevede che un uomo può essere condannato ‘aldilà di ogni ragionevole dubbio’. Come si può condannare con la procedura attuale chi è stato assolto?”, puntualizza il neo ministro. Nel “Nordio pensiero” trovano spazio altri due argomenti incandescenti: le intercettazioni telefoniche e la custodia cautelare.

“L’Italia spende circa 200 milioni ogni anno per le intercettazioni: quattro volte di più rispetto agli altri Paesi Ue e 30 volte rispetto ai Paesi anglosassoni”, con gravi problemi di segretezza. Problemi che potrebbero essere risolti “attribuendo la responsabilità della tutela dei dati a chi ha disposto gli ascolti”. Per quanto riguarda la custodia cautelare, invece di un singolo giudice, un collegio, “meglio se da città diverse per evitare ogni tipo di contiguità: oggi la misura è firmata dal collega della porta accanto”. Tasto dolente, infine, i reati contro la pubblica amministrazione, ad iniziare dall’abuso d’ufficio e per finire al traffico d’influenze.

Reati quanto mai evanescenti che prestano il fianco alle interpretazioni più disparate. Non è mancata, poi, una riflessione sull’ergastolo e sulla legge Severino (non ci sono nel programma di governo del centrodestra, ndr). Per Nordio l’ergastolo “andrebbe abolito” e per la Severino “sono dieci anni che scrivo che è un obbrobrio giuridico”. Alla domanda sul perché sia fondamentale la riforma giustizia, la risposa è secca: “Il malfunzionamento della giustizia equivale a circa 3 punti di Pil”. Poco meno di un quarto dei fondi del Pnrr destinati al Paese “Dobbiamo farcela, è l’Europa che ci chiede le riforme”, ha concluso un molto fiducioso Nordio.