Il Guardasigilli
Chi è Carlo Nordio, il nuovo ministro della Giustizia del governo Meloni
Carlo Nordio è il ministro della Giustizia del governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni. Dopo giorni in cui la sua nomina, data per certa da tempo, era stata messa in discussione – era spuntato il nome della Presidente del Senato uscente Maria Elisabetta Alberti Casellati – la conferma è arrivata dalla premier che questo pomeriggio ha accettato senza riserva l’incarico dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Fratelli d’Italia aveva anche proposto Nordio al Quirinale alle ultime elezioni per il nuovo Presidente della Repubblica.
Nordio è nato a Treviso nel 1947. Si è laureato in Giurisprudenza a Padova e dal 1977 è diventato procuratore a Venezia. Quarant’anni in magistratura. Fino a 65 anni è stato sostituto procuratore per diventare aggiunto solo nel 2009. Ha gestito la procura veneziana come facente funzioni nell’anno del pensionamento, nel 2017. Si ricordano soprattutto due grandi inchieste nella sua lunga carriera: quella delle “coop rosse” e quella sul Mose. La prima, nel 1993, riguardava un’indagine per finanziamento illecito che nasceva a carico dei vertici veneti del Psi e della Democrazia cristiana, con le condanne di Gianni De Michelis e Carlo Bernini, e che si è andata allargando ai comunisti. Furono spiccati avvisi di garanzia ai leader della sinistra Massimo D’Alema, Achille Occhetto e Bettino Craxi. Nordio alla fine chiese l’archiviazione per i vertici del Pds.
L’inchiesta sul Mose, il progetto architettonico per proteggere Venezia dall’alta marea, nel 2014 portò a 35 arresti e ai domiciliari per l’allora sindaco, poi assolto, Giorgio Orsoni. Giancarlo Galan, che per 15 anni era stato presidente della regione Veneto in quota Forza Italia, ha scontato due anni ed è stato condannato al risarcimento di 5,8 milioni di euro. Quando aveva 35 anni Nordio indagò sulle Brigate Rosse e colpì la colonna veneta dell’organizzazione estremista di sinistra. Tutti i brigatisti, poi pentiti, furono condannati. Ha presieduto la commissione Castelli per la riforma del codice penale.
Nordio si definisce liberale. È un magistrato considerato fuori dagli schemi correntizi. Si è spesso scontrato con i colleghi su Tangentopoli e sulla sua eredità culturale. Ha intrattenuto dei rapporti altalenanti, non proprio sempre distesi insomma, con il Consiglio Superiore della Magistratura e con l’Associazione Nazionale Magistrati. Non ha mai nascosto la tendenza a guardare alla politica una volta chiusa la carriera con la toga. Considera necessario riformare nel profondo la Costituzione Italiana. Il momento di svolta per le sue convinzioni attualmente orientate al garantismo dopo il caso di un maestro di Treviso, da lui arrestato e poi scarcerato, che un mese dopo si suicidò. “Mi portò a riflettere su quante misure cautelari potevano essere evitate”.
Alle ultime elezioni è stato eletto deputato nelle file di Fratelli d’Italia, candidato nel collegio plurinominale Veneto 1, Treviso, Padova e Venezia e nell’uninominale a Treviso. In campagna elettorale ha proposto il ritorno all’immunità parlamentare. Sostiene la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, giudica “una porcheria di un Paese civile” la diffusione pubblica di intercettazioni, definisce l’obbligatorietà dell’azione penale una garanzia che “di fatto si è convertita in un intollerabile arbitrio”. Ma sostiene anche la depenalizzazione di molti reati e la necessità di una legge sul suicidio assistito. Ha pubblicato diversi saggi sul garantismo e sugli errori giudiziari. A inizio 2022 ha pubblicato il suo ultimo libro: Giustizia ultimo atto. Da tangentopoli al crollo della magistratura.
Dichiarava in un’intervista a questo giornale: “La politica non si è ancora riapprovata dei poteri che ha sconsideratamente ceduto ai magistrati in tutti i campi, compresa l’abolizione dell’immunità parlamentare. Ma se la politica non si è rafforzata è vero che la magistratura si è indebolita, e quindi la bilancia si sta riequilibrando. La politica dovrebbe cogliere questa occasione non certo per punire i magistrati, ma per ritornare ai ruoli previsti dalla Costituzione”.
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