Da nord a sud la situazione è drammatica
Emergenza siccità, in Italia non piove più: Po in secca e danni per 3 miliardi
Pensare ai razionamenti dell’acqua per salvare i consumi di quella potabile e i raccolti dell’agricoltura. E’ emergenza siccità in Italia dove in molti, tra governatori, associazioni ed esperti chiedono lo stato d’emergenza nazionale. Da nord a sud il conto dei danni causati a città e campagne che sale a 3 miliardi di euro. Nel bilancio tracciato da Coldiretti e relativo a un 2022 segnato fino ad ora da precipitazioni praticamente dimezzate e produzioni agricole devastate, il Po in secca peggio che a Ferragosto, i laghi svuotati e i campi arsi dove i raccolti bruciano sui terreni senz’acqua ed esplodono i costi per le irrigazioni di soccorso per salvare le piantine assetate e per l’acquisto del cibo per gli animali con i foraggi bruciati dal caldo.
Un panorama rovente che, sottolinea Coldiretti, peggiora con l’ondata di calore che porta le temperature oltre i 40 gradi con le falde sempre più basse mentre si moltiplicano le ordinanze dei comuni per il razionamento dell’acqua. “Accanto a misure immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione, appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che nella lettera inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi chiede “che, a fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati con l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico”.
Il Governo sta lavorando a un “piano acqua” in raccordo con le Regioni. Ad annunciarlo è la ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, mentre il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, si è detto preoccupato per le conseguenze sull’idroelettrico.
Il 28% del territorio nazionale è a rischio desertificazione con una situazione di grave siccità che riguarda le regioni del Sud e del Nord dove, sottolinea la Coldiretti, la grande sete minaccia un territorio del bacino padano che rappresenta più del 30% del Made in Italy agroalimentare. Il Po al Ponte della Becca (Pavia) è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso che a Ferragosto di un anno fa con la siccità che colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le produzioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali.
L’assenza di precipitazioni, precisa la Coldiretti, colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l’Italia è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo. Una emergenza nazionale che, conclude la Coldiretti, riguarda coltivazioni ed allevamenti travolti da una catastrofe climatica che si prefigura addirittura peggiore di quella del 2003 che ha decimato le produzioni agricole nazionali.
“Ci sono acquedotti che hanno iniziato a ridurre la pressione e altri che lo stanno ipotizzando”, dichiara a LaPresse Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano dei Balneari (Sib). Da ultimo il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ieri vedendo Acea ha escluso per ora forme di turnazione di fonte idrica ma ha detto che “gli stabilimenti balneari dovrebbero essere predisposti a un risparmio dell’acqua, a partire dalle docce”.
Gli operatori non ci stanno dopo 2 anni di Covid. “Abbiamo perso il 75% del fatturato e ci stiamo rialzando a fatica. L’ipotesi di razionare l’acqua alla luce della crisi idrica è stato un lampo a ciel sereno”, afferma Luciano Pareschi, presidente dell’associazione Parchi Permanenti Italiani, l’associazione nazionale di categoria dei parchi divertimento. Ridurre le forniture idriche? “Sarebbe tragico – commenta Giuseppe Ira, presidente di Leolandia, uno dei fiori all’occhiello dei parchi divertimento per bambini in Lombardia – anche perché sono strutture che hanno una stagione contenuta, più o meno di tre mesi”.
“Siamo un servizio pubblico e ci rivolgiamo a un’utenza che ha un bisogno fisiologico di attività come fragili o disabili, servizi riabilitativi, over, anziani”, spiega Pierpaolo Longo, consigliere di Assonuoto e Federazione Italiana Nuoto, in rappresentanza del mondo delle piscine. Ognuno ha le proprie ragioni ma le immagini e le storie che arrivano dalla penisola in Siccità, seppur a macchia di leopardo, sono quelle dei fiumi della Campania in calo, dei trebbiatori del Molise che parlano di crisi senza precedenti con Cia-Agricoltura che stima un -30% sul raccolto del grano.
La Sicilia, secondo i dati diffusi dall’associazione Italiana Enti di Bacino, è la regione italiana con maggior rischio di desertificazione. Secondo la Protezione civile “la situazione di maggiore criticità interessa il Distretto del Fiume Po e quello dell’Appennino Centrale” fa sapere il Dipartimento annunciando il tavolo con ministeri, enti locali e Autorità di bacino. In Lombardia il governatore Attilio Fontana esclude per ora i razionamenti per gli usi civili, dopo aver strappato i 5 milioni di metri cubi di acqua aggiuntivi al giorno, per le prossime 2 settimane, ai gestori delle dighe e bacini idroelettrici da destinare all’agricoltura.
“Stiamo valutando lo stato di emergenza regionale per poi chiedere quello nazionale“, ricorda il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. “Le disponibilità idrologiche stoccate esistenti al momento sono già limitate del 30-35%” spiega il climatologo Massimiliano Fazzini. Sullo sfondo del dibattito di un’Italia arida che ha sete di acqua e risposte immediate rimangono le cifre figlie dei mancati investimenti: secondo Utilitalia si perdono 38 litri d’acqua ogni 100 immessi nella rete idrica che è vetusta: il 60% è stata posata oltre 30 anni fa, il 25% oltre 50 anni fa e con il ritmo del rinnovo attuale ci vorranno oltre 250 anni per sostituirla.
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