Followercrazia
Follower-crazia: le classi dirigenti guidano l’Italia guardandosi allo specchio

La Chiesa che si interroga su come progettare il futuro, mentre l’Italia invece guarda indietro. Caro Direttore concordo con questa molto preoccupante tesi del tuo bell’editoriale di sabato scorso. Di solito gli osservatori più attenti identificano il presentismo come una delle gravi malattie della politica italiana, e non solo della politica, alimentato da un uso distorto dei social network. Purtroppo ad essa si aggiunge quella che si potrebbe definire iericrazia, che mi pare la sintesi più giusta dei concetti espressi sulle colonne del tuo. Una parte cospicua del confronto politico avviene infatti rimestando, spesso strumentalmente, episodi, vicende e questioni del passato, cercando ingredienti che ben poco servono a quelle che dovrebbero essere le vere finalità della politica. Inventando mano mano dei cocktail micidiali frutto di un uso strumentale della storia e della memoria che vengono versati nei bicchieri dei poveri cittadini.
Occhio al futuro
Il fatto è che una parte significativa delle nostre classi dirigenti, a cominciare da quella politica, guidano la macchina del Paese con l’occhio rivolto quasi esclusivamente allo specchietto retrovisore. Il modo migliore per non avere una vera rotta da seguire e per rischiare di andare a sbattere. E così la più antica istituzione germogliata dall’Italia, il Vaticano e la Chiesa, si mostra invece consapevole del proprio passato e tesa ad affrontare le gravi questioni aperte nel mondo cercando di progettare il futuro. In tal modo le classi politiche, a forza di guardare indietro pensando a come usare i vari aspetti della iericrazia per colpire gli avversari, si mostrano anche in questa fase inadeguate sia alle grandi sfide. Basti vedere che negli altri grandi paesi europei come la Germania, la Spagna, la stessa Francia, sono in atto progetti e azioni tese ad affrontare la questione della difesa europea, cogliendo questa come un’opportunità per il rilancio di altri settori industriali. In Italia il confronto, il dibattito, l’impegno su una questione di così grande rilievo, langue pericolosamente, nonostante da più di 25 mesi la produzione industriale non cresca. E se fosse perché molti che si credono leader sono invece più prosaicamente dei follower?
Il pacifismo di comodo
Diffuso tra le classi politiche non c’è solo il pacifismo di Conte e dei 5 stelle, non c’è solo quella sorta di schleinismo che ha finito per favorire forme di balcanizzazione strisciante, specie ma non solo rispetto ai temi della pace, o della guerra nel Pd. Ma c’è anche una sorta di pacifismo di comodo, sottotraccia e magari non esplicito, fondato sul vellicare i timori e le paure degli italiani. È ovvio che dai sondaggi emerga che a una parte importante degli italiani non piace la guerra e c’è anche il timore per l’attrezzarsi per prevenirla, ma un grande costituzionalista e giornalista inglese, Walter Bagehot, sosteneva che una delle funzioni cruciali del Parlamento è quella di insegnare alla nazione. Ciò significa che la funzione dei leader è quella di guidare, indirizzare i cittadini e l’opinione pubblica. Cosa insegna oggi al paese il nostro Parlamento?
Il presidente Mattarella ha evocato la questione di una “democrazia a bassa intensità”. Ebbene la nostra democrazia si è ridotta a bassa intensità non solo perché almeno la metà del corpo elettorale ormai non va più alle urne, ma anche perché troppi leader fungono da follower. Non solo perché Schlein, ad esempio, su questi temi è sostanzialmente al guinzaglio di Conte, ma perché anche altri sedicenti leader sono dipendenti dai sondaggi. Versiamo quindi tra followercrazia e sondocrazia. Non i fattori migliori per una vera democrazia. Per fortuna però capitano delle congiunture, come l’ottima prova politica e diplomatica di Meloni in sinergia con gli apparati vaticani. Un momento che non va perso e che può contribuire a rilanciare agli occhi del mondo la grande bellezza della Capitale e dell’Italia.
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