Quale sarà il volto del nuovo Papa? Il filosofo Francesco Alfieri, ormai impiantato a Friburgo, con il suo approccio franco e diretto fa luce sugli equilibri nel Conclave. E scommette su Pietro Parolin. Alfieri è stato docente all’Università Lateranense: ha fatto parte di diverse consulte e, dentro la stanza dei bottoni, ha cercato di capire il grande meccanismo della Chiesa e soprattutto il suo protocollo. Per 11 anni ha lavorato in Vaticano, specialmente negli anni in cui era Pontefice Benedetto XVI e anche in occasione dell’elezione di Papa Francesco. È riuscito a intrattenere importanti rapporti, ad esempio con Oriana Fallaci.

Dobbiamo aspettarci un nuovo Papa nel solco di Francesco?

«Anzitutto bisogna dire che non dobbiamo pensare che il Conclave si radunerà per trovare il successore di Papa Francesco. Questo è un errore diffuso. Abbiamo bisogno che il Conclave elegga il successore di Pietro».

Anche perché l’eredità di Bergoglio sui temi globali è molto apprezzata dai laici, ma divide la Chiesa…

«Già dalla sua elezione iniziai a capire che le cose stavano cambiando, perché ha sempre “sminuito” questa elezione. Diceva: “Io sono il vescovo di Roma”. Giuridicamente è giusto, però trovare il successore di Pietro significa che ci sono un protocollo e una serie di leggi che bisogna seguire e saper rispettare. Ci sono alcune cose che non mi hanno mai convinto…».

Ad esempio?

«Molta attenzione alla forma ma poca ai contenuti. Si è sminuita sia la forma che il contenuto. Il capitalismo scellerato e l’ambientalismo sono tematiche certamente importanti, ma assolutizzare solo queste significa dimenticare il cuore del cristianesimo».

Veniamo ai nomi. Matteo Maria Zuppi ha le carte per strappare la fumata bianca?

«È un uomo buono, ma sappiamo che se venisse eletto lui Papa sposeremo anche tutta la Comunità di Sant’Egidio che sta dietro di lui. Non sono mai riuscito a capire come mai, sotto il pontificato di Francesco, la segreteria di Stato sia stata così messa ai margini».

A cosa si riferisce?

«Bergoglio ha utilizzato il cardinale Zuppi non solo per l’Italia, ma anche inviandolo a Mosca e in Ucraina. Per chi conosce un pochino il protocollo vaticano, questi sono compiti che avrebbe dovuto svolgere il cardinal Parolin in quanto segretario di Stato».

E invece Luis Antonio Tagle? Anche lui è molto apprezzato dai progressisti, magari ha qualche chance in più…

«È un uomo di Dio, è una persona molto buona. Ma non vedo grandi possibilità per lui».

Si parla pure di Robert Sarah, il guineano anti-woke. È troppo conservatore per mettere d’accordo il Conclave?

«È un falso problema. Di alcune tematiche, come la comunità Lgbt+, quasi non vuol neanche sentir parlare. Anche per lui, comunque, credo ci siano poche chance. Il punto di fondo è un altro».

Quale?

«La difficoltà di questo Conclave è eleggere un Pontefice che sia al massimo rappresentativo di tutta la Chiesa e su cui nessuno abbia nulla da poter ridire. Ed è difficile. Ma qui si apre un punto tanto dibattuto: la rappresentatività del Conclave».

Si spieghi meglio…
«Papa Francesco ha rinnovato il Conclave e ha trascurato molte diocesi occidentali come Milano, Parigi e Los Angeles. E ha così sacrificato sedi tradizionalmente “cardinalizie”».

Zuppi no, Tagle no, Sarah no. Allora chi è il favorito?

«La persona che potrebbe ben rappresentare la Chiesa universale e quella locale è Pietro Parolin. Una figura conciliante. Perché in questa fase storica c’è bisogno di un Pontefice che soprattutto sia un giurista, che conosca le leggi della Chiesa. Un Papa con solide basi teologiche, che ci aiuti a ritornare al Vangelo».

Non dimentichiamo che sono in corso due guerre…

«Infatti il nuovo Papa dovrà avere in mente la struttura e la ridefinizione dell’Europa. Abbiamo bisogno di una persona che conosca molto bene la struttura geopolitica e le leggi che governano questa grande apparecchiatura».

E Parolin possiede tutti questi requisiti?

«Chi meglio di lui? È una figura molto importante, persona saggia che sa muoversi, che conosce le leggi e le rispetta. Rispecchia il taglio del Pontefice ideale in questo momento: un giurista, una persona diplomatica che saprebbe assestare i colpi, ma soprattutto che saprebbe intervenire a livello geopolitico».

Becciu ha fatto un passo indietro. Ora come cambiano gli equilibri nel Conclave?
«È stato saggio. Ma c’è un elemento che merita di essere attenzionato: Becciu è stato messo ai margini prima di una sentenza definitiva. Questo rischia di danneggiare la sua reputazione e di minare il principio di presunzione di innocenza. E se poi dovesse essere assolto? Chi gli restituirà l’onore e la dignità che gli sono stati tolti? Fossi stato in Parolin, non avrei innescato il caso Becciu».