La Francia è nuovamente in fiamme. Nella notte tra sabato e domenica scorsi a Crépol, un villaggio di 500 anime vicino Grenoble, un “Ballo d’Inverno” è stato preso d’assalto da una decina di ragazzi che non erano riusciti ad entrare e che erano armati di coltelli e pare di una mannaia da macellaio. Risultato: Thomas, un ragazzo di sedici anni morto mentre l’ambulanza lo portava in ospedale, e una ventina di accoltellati, due dei quali sono ancora in gravi condizioni. Mentre la Procura sta ancora indagando, una testimonianza ancora da verificare sta facendo il giro del web: “siamo qui per accoltellare dei bianchi”, avrebbe infatti gridato uno degli assalitori.

Se il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha parlato lunedì di “fallimento generale della nostra società”, è l’estrema destra che sta pesantemente cavalcando la vicenda, soffiando a sua volta sul fuoco. Sulle chat, sui canali Telegram, su Twitter si parla esplicitamente di guerra culturale, di caccia ai “gaulois” (cioè ai nativi) e di “francocide”, un termine coniato dal leader di estrema destra Zemmour – più a destra della Lepen – per indicare la sistematica eliminazione dei francesi ad opera degli stranieri, in particolare di religione islamica.

È quindi allarme in Francia per un’estrema destra che guadagna visibilità e consensi dopo queste drammatiche tragedie, spesso diffondendo a sua volta disinformazione. Ad esempio ieri Le Monde ha pubblicato una approfondita e preoccupante inchiesta sui movimenti radicali che hanno sede nel cuore della vecchia Lione, gli stessi che qualche settimana fa avevano assaltato, causando il ricovero in ospedale di alcune persone anziane, un piccolo convegno, autorizzato e pacifico, sul conflitto in Medio Oriente, i cui relatori erano filo-palestinesi.
E con i risultati elettorali ancora freschi della vicinissima Olanda, sarebbe prudente preoccuparsi dei sentimenti che covano nella popolazione, investendo in sicurezza e cultura, lottando contro la disinformazione quando c’è e combattendo i radicalismi, specie quelli violenti. Diversamente l’epilogo è già scritto.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva