Nel “Si&No” del Riformista spazio alla nomina nel Cda del Teatro Piccolo di Milano di Geronimo La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa. Giusta la sua nomina? Favorevole il direttore Andrea Ruggieri secondo cui “essere “figli di” non è un quid pluris ma neanche una penalizzazione”. Contrario invece il giornalista Mario Alberto Marchi che condivide le parole del sindaco di Milano: “Ha ragione Sala, servono competenze e maturità culturale“.

Il commento di Mario Alberto Marchi

Il Sindaco di Milano, nell’esprimere le sue remore alla nomina di Geronimo La Russa a consigliere del Piccolo Teatro, ha centrato – direi finalmente e con coraggio – un tema che va ben al di là del caso specifico. Sala ha parlato dell’incarico alla gestione del teatro milanese, come di un punto di arrivo necessario di un percorso culturale. Certo, detto così rischia di avere quel vago sapore elitario che spesso viene attribuito alla politica di questa amministrazione cittadina e non è difficile immaginare che proprio in questo senso andrà una buona parte delle reazioni di opposizione: la solita narrazione della egemonia culturale sinistrorsa, più o meno radical chic, che fa di tutto per perpetuarsi. Invece siamo di fronte ad una questione sostanziale importante, che viene posta – si badi bene – non solo alla destra che frettolosamente e a volta sfacciatamente cerca di occupare qualsiasi posto disponibile, senza guardare troppo alle questioni di merito, ma anche alla stessa sinistra che spesso conserva, ma non innova.

Ha ragione Sala: in un luogo dove si amministra un’istituzione cardine della storia e dell’attualità culturale di Milano, si deve arrivare legittimati da un percorso di competenze e di maturità culturale che attribuisca strumenti solidi, competitivi e non ideologici, perché indispensabili per costruire cultura comune.
Assunto ciò è difficile non nutrire le medesime perplessità sulla nomina di La Russa.
Ci sono, però, almeno un paio di sottotemi che si aprono, a questo punto. Innanzi tutto – come si diceva – la necessità che chi si fregia di essere diverso in sostanza a forma – ovvero la stessa variegata sinistra di cui Sala è espressione – abbia effettivamente le carte in regola. Tutti i percorsi di nomine, di attribuzioni, sono stati sempre nel segno del merito e di quel percorso che si invoca? E poi, si è coltivato un ricambio generazionale che potesse e possa arginare l’espansione della destra, politicamente inevitabile e legittima? In particolare si è aperto ad un mondo intellettuale e manageriale riformista, moderato e magari anche popolare? In Comune, a Milano, proprio ad amministrare la cultura c’è un assessore quarantenne che incarna perfettamente tutto ciò, ma quanti come lui sono già negli altri luoghi della cultura cittadina o sono pronti per entrarvi?

Sala ha, infine, ragione anche nel dare la sveglia, nel violare un certo pigro silenzio che in realtà già da tempo ha lasciato spazi, occupati od occupabili più dalla politica che dalla competenza. Milano vive un delicato sistema di coabitazione politica tra la sinistra cittadina e la destra della Regione Lombardia. È un sistema che può essere estremamente virtuoso ed esemplare, se incardinato su parametri di qualità, severi e che valgano per tutti. Se da una parte c’è chi conserva e considera territori di proprietà, senza mettere in campo sostanza necessaria, dall’altra c’è chi ha fretta di rivalsa, di occupare, incoraggiato dal potere politico-nazionale raggiunto, si fa solo il male della cultura e di Milano.
Lo dico ancora, Sala ha ragione. Ma anche a lui spetta – ora che ha parlato, laddove troppi tacciono – il compito di guidare il meccanismo virtuoso di vigilare su di esso pubblicamente. Il terreno della cultura, in questo senso, è perfetto perché non lascia spazio a equivoci: è un campo nel quale non solo non ci si improvvisa, ma nemmeno basta il buonsenso o la capacità del buon amministratore. Servono quel percorso di cui parla, la visione e il senso di responsabilità civica.

Mario Alberto Marchi / Giornalista

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