“Cos’è più importante tra l’arte e il diritto a mangiare cibo sostenibile?”. Questo gridavano le attiviste di domenica, una delle quali con una maglietta con scritto “Riposte alimentaire” (risposta alimentare). Per l’ennesima volta, l’indignazione di buona parte dell’opinione pubblica non si è fatta attendere. Neanche avessero fatto saltare in aria il museo con tonnellate di tritolo. Ma non preoccupatevi, potete dormire sonni tranquilli, (ancora per poco visti i disastri ambientali che sempre più spesso stanno mettendo a rischio la nostra vita), non hanno arrecato danni al quadro. Una volta tanto, si riesce a guardare alla luna piuttosto che al dito? Davvero siamo incapaci nel fare analisi complesse e buoni solo a polarizzare le discussioni? Cerchiamo, almeno una volta, di porre la nostra attenzione non tanto sul metodo di protesta ma sulle rivendicazioni. Su quelle non possono esserci divergenze. Ottenere il diritto ad un cibo sostenibile significa risolvere un problema alimentare globale. Secondo la Fao nel mondo al 2021, le persone che soffrivano la fame erano 828 milioni, 46 milioni in più rispetto al 2020 e 150 milioni in più del 2019. Un dato in crescita a causa della crisi climatica.

È paradossale, che nella nostra società, siamo pronti a criticare degli attivisti che chiedono alle istituzioni di cambiare rotta compiendo azioni concrete per evitare il collasso ma non siamo pronti a fare lo stesso verso gli stati che continuano a portare avanti politiche fossili senza pensare al futuro dell’umanità. Si, non parlo di futuro del pianeta. Perché il pianeta sopravviverà anche se la temperatura globale aumentasse in media di 10°. Non sopravviveremo noi esseri umani e milioni di altre specie viventi. “Criminali” non sono i ragazzi che fanno azioni radicali per chiedere giustizia climatica ma coloro i quali hanno il potere di effettuare una vera transizione ecologica e non lo fanno per logica del profitto. Che poi è una mossa sciocca anche questa. Perché anche chi gestisce, ad esempio, multinazionali del petrolio ha figli e famiglie e se contribuisce alla distruzione del nostro habitat naturale, dove vedrà abitare la sua prole (dentro una bolla su Marte?). La deriva che sta prendendo piede nel nostro paese, ma anche in altri, della criminalizzazione degli attivisti è pericolosa.

Perché si compie una distrazione di massa che canalizza l’attenzione mediatica sull’attivista e non su ciò che rivendica. Comprendiamo che bisogna cambiare rotta e che il cambiamento climatico è reale e ci sta portando al lastrico (economico e sociale). Impariamo a capire chi sono i veri responsabili e facciamogli pagare i costi della transizione. E non facciamoci abbindolare da chi vuole farci credere che il problema siano dei ragazzi che bloccano strade o imbrattano dei vetri delle opere d’arte. E poi, provocatoriamente pongo un quesito. È più importante un quadro o la crisi climatica? E se distruggendo la Gioconda si potesse salvare l’umanità, voi che fareste? Scegliereste il quadro o la salvezza della specie umana? Ai posteri l’ardua sentenza.

Luca Boccoli

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