Il 21 settembre, come ogni anno dal 1994, si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer promossa in tutto il mondo dall’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer Disease International (Adi) che pone al centro del dibattito istituzionale, culturale e sociale questa patologia che ogni anno, e con sempre più frequenza, impatta sulla vita di molti pazienti e, di conseguenza, sulle loro famiglie, stravolgendo completamente la loro vita.

Per questo motivo torneremo sul tema altre volte, e non soltanto durante la giornata di celebrazione, considerato l’impatto che l’Alzheimer ha nella società e nella organizzazione dei servizi. È bene evidenziare come l’Alzheimer sia la forma più comune di demenza, laddove per demenza intendiamo la compromissione della memoria, del ragionamento, del comportamento e al mondo colpisce il 60-70% dei 50 milioni di individui che affrontano quotidianamente il dramma della demenza.

La stima per il futuro è che – anche a causa dell’invecchiamento della popolazione – nel 2050 1 persona su 85 ne sarà affetta e il numero potrà salire a circa 130 milioni di persone. In Italia sono circa 600.000 i cittadini a cui è stato diagnosticato l’Alzheimer e l’aspettativa di vita dopo la diagnosi va dai 3 ai 9 anni.

Questa patologia è un processo degenerativo che colpisce le cellule celebrali e comporta il declino progressivo delle funzioni cognitive, il deterioramento della personalità e della vita di relazione. Anche se nella stragrande maggioranza dei casi è una forma patologica riscontrata in persone avanti con l’età (over 60), esistono al mondo anche forme di Alzheimer precoce che si sono manifestate in individui ricompresi tra i 30 e i 60 anni.

La ricerca scientifica già da anni sta spingendo molto forte per cercare una soluzione e una cura a questa patologia e per le demenze, ma soprattutto si sta lavorando anche sul fronte della prevenzione, che è la parola magica della sanità del futuro.

Nell’“Alzheimer’s disease facts and figures 2023” pubblicato dall’Alzheimer Association possiamo leggere che questa malattia inizia anche 20 anni prima rispetto alla sua manifestazione. Si amplia così il fronte temporale che parte da un momento preclinico dove la malattia già c’è, ma non si manifesta con dei sintomi anche se ci sono dei possibili cambiamenti biologici nel cervello, fino alla fase in cui i sintomi si manifestano ogni giorno e quindi diventa un livello definito “severo” di demenza.

Nello stesso report, ed è molto interessante perché vale anche per la realtà italiana, viene stimato che 11 milioni di cittadini americani fanno da caregiver ai malati di demenza e questa cosa porta un contributo alla nazione di circa 340 miliardi di dollari che, praticamente, non vengono spesi per la cura dei malati perché curati dalle famiglie. In Italia la stima è di circa 3 milioni di persone a fronte di 1,2 milioni di persone affette da demenza: i conti son presto fatti.

Anche per questo è importante cercare di lavorare molto sul fronte della prevenzione: cercare di intervenire prima o appena in tempo all’insorgere dei primi sintomi delle patologie, capire e comprendere cosa può portare o facilitare in un corpo umano la manifestazione delle malattie. Riuscire ad intercettare prima i primi sintomi della malattia significa una presa in carico tempestiva e quindi un potenziale ritardo della progressione della malattia e, pertanto, un’ottimizzazione delle risorse sanitarie e minori costi e impatto sociale.

Il caregiver, soprattutto in questo mondo dell’età anziana e della demenza, è un argomento di dibattito molto importante anche nel nostro Paese anche dal punto di vista legislativo e, soprattutto riguardo l’Alzheimer, la giornata mondiale del 21 settembre porta sempre a riflettere dell’importanza di questa figura. Spesso quando la malattia degenera e diventa davvero critica è sempre raccomandabile affidarsi a delle strutture attrezzate con professionisti preparati e pronti a curare i pazienti malati di Alzheimer ed è giusto segnalare come anche le stesse RSA abbiano fatto veri e propri passi da gigante negli ultimi anni con i cosiddetti “nuclei Alzheimer” completamente dedicati a questi pazienti dove, oltre ad avere dei veri e propri standard regolamentari diversi rispetto al resto della popolazione anziana che vive in RSA, si stanno sempre più costruendo figure specifiche e preparate all’accompagnamento sia del paziente che della famiglia in questo percorso che è sempre molto doloroso.

La Giornata Mondiale dell’Alzheimer serve anche a puntare i riflettori su quante realtà del Terzo Settore sparse per tutta la penisola esistono e sostengono pazienti, famigliari, medici, personale sanitario e sociosanitario, ed è utile anche per sensibilizzare la popolazione e per sostenere la ricerca scientifica che ogni anno aggiunge un pezzo importante alla lotta contro la demenza.

Continuare quindi ad impegnarsi per non far sentire soli i malati e le famiglie ma, soprattutto, trovare il coraggio di parlarne e affrontare a viso aperto la sfida della malattia lavorando tanto sulla prevenzione. Questa è la sfida del futuro, questo è il messaggio della Giornata Mondiale dell’Alzheimer su cui anche in queste pagine vogliamo aprire un dibattito.

Lorenzo Guzzetti - Direttore generale IAMA Onlus

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