La crisi
Giovani, in Italia salari bassi e fuga all’estero. La ricchezza è in mano ai baby boomer

Che i giovani italiani incontrino crescenti difficoltà nel raggiungere l’indipendenza economica, soprattutto nei primi anni di carriera, è ormai un dato di fatto. L’elevata pressione fiscale e il persistente disallineamento tra l’aumento del costo della vita e la stagnazione dei salari hanno reso questa condizione strutturale. Molti ragazzi continuano a dipendere economicamente dalle proprie famiglie anche in età più avanzata, contribuendo ad aggravare le disuguaglianze sociali. Le difficoltà nell’accesso al mercato del lavoro e l’insostenibilità dei costi abitativi sono tra i principali fattori per cui il 43,6% dei giovani tra i 20 e i 34 anni vive ancora con i genitori.
La crisi demografica
A tutto ciò si aggiunge una crisi demografica senza precedenti. Negli ultimi 20 anni, l’Italia ha perso oltre un quinto della sua popolazione under 35, attestandosi all’ultimo posto in Europa per presenza giovanile. Tra il 2011 e il 2021, il saldo migratorio netto è stato negativo per circa 550mila persone, di cui 320mila nella fascia 18-34 anni. Al 31 dicembre 2023, il numero di italiani iscritti all’AIRE ha superato i 6,1 milioni, quasi il doppio rispetto al 2006. Questa dinamica mina non solo le prospettive delle nuove generazioni, ma anche la tenuta economica e sociale del Paese. L’Italia rischia così di compromettere la propria capacità di investimento nel futuro e la competitività a livello internazionale.
La ricchezza mal distribuita
Ma non finisce qui. Alla questione migratoria si affianca un altro problema strutturale: la crescente disparità economica tra giovani e anziani. L’ultimo rapporto Censis evidenzia un trend preoccupante: mentre la ricchezza pro-capite è in calo, il patrimonio complessivo resta fortemente concentrato nelle mani delle generazioni più anziane. Attualmente la generazione dei baby boomer (nati tra il Dopoguerra e i primi anni ’60) detiene da sola il 43,3% della ricchezza complessiva, con un patrimonio medio superiore ai 360mila euro per famiglia. Questo squilibrio nella distribuzione della ricchezza solleva interrogativi urgenti sul futuro della mobilità sociale e sulle possibilità di crescita economica per le nuove generazioni. Se non si interviene su questo squilibrio, le possibilità di emergere economicamente dipenderanno sempre più esclusivamente dal patrimonio ereditato dalle generazioni precedenti.
Un cambiamento urgente
Un sistema fiscale più equo dovrebbe ridurre la pressione sui redditi da lavoro, favorendo la crescita professionale e l’indipendenza economica dei giovani. Altrimenti si continuerà con un sistema in cui la ricchezza resta inaccessibile per chi non ha il supporto economico delle generazioni precedenti. Un cambiamento radicale nella nostra politica economica e sociale è quanto mai urgente. L’Italia ha bisogno di interventi mirati a fermare l’emorragia dei giovani che fuggono all’estero in cerca di migliori opportunità, incentivando l’ingresso nel mondo del lavoro. È fondamentale creare una rete di opportunità che dia ai giovani strumenti concreti per l’integrazione nel sistema produttivo del Paese. Aiutare a ottenere un primo impiego e favorire la creazione di una carriera solida, che permetta di crescere, evolversi e acquisire esperienze.
Una proposta concreta in questa direzione potrebbe essere l’introduzione di una riforma fiscale centrata sui giovani, prevedendo ad esempio un’esenzione totale dall’Irpef nei primi tre anni di attività lavorativa. A questa potrebbe seguire un meccanismo di imposta differita, da rimborsare in forma scalare nei 10 anni successivi o compensabile con la pensione. Sebbene i principali beneficiari sarebbero naturalmente under 30, la misura non sarebbe puramente anagrafica ma legata al momento di ingresso nel mondo del lavoro. E si potrebbe introdurre un’Irpef “dinamica”, indicizzata all’inflazione e dotata di un meccanismo di equità intergenerazionale, per rendere il sistema fiscale più giusto e sostenibile.
Oltre alle proposte sopracitate, sono importanti ulteriori integrazioni per ridurre le disparità tra ceti medio-bassi e ceti più alti, nonché tra fasce di popolazione giovani e anziane. Tra queste: la definizione di una Ral “effettiva”, che tenga conto di redditi extra-salariali; un sistema di tassazione Ires “labour-enhancing” che favorisca le imprese ad alta intensità di lavoro rispetto a quelle capital-intensive; un dividendo sociale universale (credito Irpef) finanziato con il recupero dell’evasione fiscale, da redistribuire annualmente ai contribuenti virtuosi. Questa visione politica ed economica non si limita a fornire agevolazioni temporanee, ma mira a costruire un Paese in cui i giovani possano guardare con fiducia al futuro, investire in sé stessi e contribuire alla crescita collettiva. Solo con un impegno concreto e con riforme strutturali sarà possibile invertire la rotta e restituire all’Italia il ruolo di Paese capace di trattenere e valorizzare i propri talenti.
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