Stavolta i leader dei no Tav sono accusati di avere incitato gli attivisti a danneggiare i cancelli, anzi, il cancello. Non è precisato quale danno sia stato provocato al cancello di ferro. Credo che sia stato notevolmente scrostato e che bisognerà riverniciarlo. I leader dei no Tav sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale, perché non hanno rispettato l’ordine di andar via, di travisamento (reato del quale non so molto, e ignoro se abbia a che fare con la cattiva interpretazione dei testi) e – come si diceva – di danneggiamento.  Non sono accusati di lesioni o di reati violenti. I reati contestati (compreso il pericoloso travisamento) sono di luglio, cinque mesi fa, non si può dire che ci sia piena flagranza. Qual è la ragione dell’arresto? La ragione è quella di sempre: fare la faccia feroce, mostrare potere, dare spettacolo.

Torniamo a Salvini. Ieri, giustamente, ha fatto fuoco e fiamme per la notizia della richiesta di autorizzazione a procedere contro di lui. L’ha messa giù con i suoi toni esagerati di sempre, parlando di dovere di difesa dei confini nazionali. Io, naturalmente, penso che non ci fosse nessun confine da difendere, e che ci sia una bella differenza tra le armate austriache del generale Radetzky e quei 131 poveri africani, affamati e disperati, sfuggiti ai lager libici. Penso però che Salvini abbia ragione a infuriarsi contro l’insensatezza della richiesta di autorizzazione contro di lui, che appare un gesto di intimidazione e di invasione di campo da parte di un pezzetto della magistratura. Sempre più arrogante. Subito dopo però Salvini ha chiesto alla Procura torinese di non essere lassista e di agire con rigore e durezza contro gli oppositori della Tav. Ecco, io vorrei solo che Matteo Salvini si fermasse un attimo piccolo piccolo a riflettere. Come fa a non capire che non si può essere garantisti con la politica del palazzo, e con se stessi, e poi superare il forcaiolismo di Travaglio, o di Caselli, quando le vittime dei manettari sono i suoi oppositori? Io sono certo che se si ferma a riflettere, e se per una volta rinuncia alla propaganda, capisce che le due posizioni sono incompatibili.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.