Li chiamano gli “invisibili”, che magicamente diventano “visibili”, visibili solo se dormono accovacciati su cartoni stropicciati, appoggiati sul pavimento gelido della Galleria Umberto I di Napoli. E allora li vediamo, li vedono le istituzioni locali, e allora si mobilitano tutti. Una task force di vigili urbani e telecamere per rimuovere le coperte dei clochard. Problema risolto. Via i senzatetto dalla Galleria, il decoro urbano va preservato, non è un bel vedere per i turisti che passeggiano tra i negozi. Hanno allestito dormitori e li hanno cacciati. Li hanno “spostati”. Come si fa con una cosa inanimata, con una pianta, la prendo da un posto e la metto in un altro, perché sta meglio lì.

Senza parlare, senza spiegare, senza sedersi accanto a loro, senza ascoltarli, senza quell’umana comprensione che ancora ci distingue dalle bestie. Anzi, forse, un animale avrebbe compreso meglio il dramma di chi vive in strada. Dovremmo cercarla dentro, l’umana comprensione, e vedere se ancora ne resta un briciolo. Certo, l’economia, certo la città deve essere bella, pulita e ordinata, ma si può pensare di nascondere sotto il tappeto le motivazioni per le quali migliaia di clochard abitano nelle strade della nostra città, cacciandone una manciata dalla Galleria Umberto I? La risposta è nei volti sgomenti dei volontari che, sostituendosi al Comune, allo Stato e a chi dovrebbe occuparsi degli ultimi, si prendono cura di loro. Ma anche a loro è stato chiesto di smetterla. Sì.

L’assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli Luca Trapanese ha dichiarato al Mattino: «Ho scritto una nota in cui chiedo alle associazioni, le cui azioni sono lodevoli, di collaborare con la dislocazione dei senza dimora dalla Umberto I – ha detto l’assessore – Ora parte del piano dipende da loro: se continueranno a portare pasti caldi e assistenza in Galleria, il nostro lavoro rischia di essere vanificato». Nel frattempo, i clochard sono tornati a dormire sul marmo della Galleria e i volontari hanno fatto sapere che non obbediranno e che continueranno a consegnare pasti caldi e. Forse sarà colpa dei volontari che continuano a occuparsi di loro o forse è colpa delle istituzioni che dovrebbero intervenire sulla povertà, sulla mancanza di opportunità, su un welfare che cade a pezzi, e poi magari pensare al decoro della città. Colpa di tutti noi che ci giriamo dall’altra parte e continuiamo a raccontarci che tanto loro sono invisibili.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.