«Attenzione alla disabilità, ascolto delle associazioni che operano sul territorio, trovare una sistemazione ai tanti senza tetto che abitano la città, nuove assunzioni, fare squadra con i dirigenti del comune e con i cittadini». Ecco quali saranno i primi passi di Luca Trapanese, neo-assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, da anni in prima linea per disabili ed emarginati.

Assessore, il ddl Zan non è passato e, per il momento, non ci sarà una legge contro la omotransfobia. Cosa vuol dire per Napoli e la Campania, dove si registra un picco di intolleranza?
«Credo che l’affossamento del ddl Zan sia una sconfitta nazionale, per tutti. Io sono omosessuale, single, ho adottato una bambina disabile, ho un fratello disabile e ho avvertito questo avvenimento come una sconfitta. Ma ne escono sconfitti tutti, anche di quelli che esultavano in Parlamento. Perché, mi chiedo, se un giorno i discriminati dovessero essere i loro figli, che cosa faranno? Per quanto riguarda Napoli, saranno certamente veri i numeri, ma è una città aperta, tollerante, inclusiva. Io mi sono sempre sentito accettato e, anzi, anche aiutato. Napoli ha qualcosa in più delle altre realtà. E so che ci sono state aggressioni omofobe, ma so anche che non bisogna condannare chi le commette: anche gli aggressori sono vittime. Piuttosto bisogna partire dall’educazione, bisogna rieducare le famiglie».

Da assessore alle politiche sociali ha in mente iniziative in questa direzione?
«Certo. Sul tavolo ci sono molti progetti. C’è una dispersione educativa enorme e non mi riferisco solo a quella scolastica, che si registra nei quartieri popolari della città, ma anche e soprattutto alla povertà educativa dei sentimenti, dei valori, della cultura del diverso e dell’attenzione alla disabilità. E questa povertà spesso si concentra nei  cosiddetti quartieri bene della città. Bisogna rieducare gli adulti, i genitori di quei bambini che poi escono di casa e fanno i bulli con i più deboli o con i diversi, e chiedersi perché lo fanno, che cosa c’è alla base. E alla base ci sono sicuramente dei modelli sbagliati e poca educazione».

Che situazione ha trovato al suo arrivo a Palazzo San Giacomo?
«Una situazione paradossale. I tre dirigenti con i quali ho parlato sono professionisti competenti, preparatissimi e aggiornati. I problemi principali sono sostanzialmente due: il primo è che, negli ultimi dieci anni, l’amministrazione uscente ha cambiato spessissimo assessori e tecnici e quindi i dirigenti si sono trovati a dover spiegare e aggiornare chi arrivava su ogni progetto e, puntualmente, il nuovo arrivato aveva idee e strategie diverse. In pratica era un continuo ricominciare da capo che, spesso, non portava a nulla. Il secondo problema è che le idee ci sono, i progetti e i fondi pure, ma mancano i documenti, cioè spesso il progetto non viene portato a termine perché manca una firma, un’autorizzazione o un altro foglio. È nella burocrazia che restano impantanate tante iniziative».

Quindi come intende muoversi in questa prima fase?
«Ascoltando. È fondamentale ascoltare chi opera sul territorio. In questi giorni sto parlando moltissimo con i dirigenti comunali e la domanda che pongo sempre è: che cosa vi serve? Che cosa posso fare per sbloccare questa o quella situazione? Poi mi sto dedicando all’ascolto delle associazioni, voglio parlare con tutti coloro che operano in città e che spesso si sono sostituiti alle istituzioni e sono stati lasciati soli. Io vengo da 25 anni di volontariato, ne conosco bene le dinamiche, perciò spero di poter fare bene e di essere un ponte tra le associazioni e le istituzioni. È importante fare squadra per realizzare progetti».

Quali sono i primi primi sui quali si concentrerà?
«Sono tanti. Posso dire che sto lavorando per dare una sistemazione dignitosa ai tanti senzatetto che abitano la nostra città. Tra poco arriverà il freddo e non possiamo consentire che dormano per strada. I volontari fanno molto, ma il Comune deve fare altrettanto. C’è una struttura a Piazza Cavour che può ospitare fino a 140 senzatetto: sono stato lì per rimettere a posto le cose e renderla operativa. Sarebbe già un passo in avanti poter accogliere centinaia di loro in una struttura chiusa, al caldo. Poi sto lavorando su progetti educativi e sull’ascolto delle famiglie che vivono con persone disabili».

Napoli è vivibile per chi ha delle disabilità?
«Assolutamente no. In realtà, nessuna grande città lo è. Però porsi questa domanda è già un buon inizio. Prestare attenzione a chi ha delle disabilità e ascoltare le sue difficoltà è già un primo passo. Qualche giorno fa ho ricevuto una mail da una mamma che vive sola con un figlio disabile, le ho chiesto cosa potessi fare per aiutarla concretamente e la risposta è stata: il semplice fatto che lei mi abbia risposto e abbia prestato attenzione alla mia storia è un aiuto. Ecco cosa intendo quando dico che serve attenzione alla disabilità. Poi, ovviamente, servono soluzioni. Napoli è piena di problemi, sarebbe stupido dire che in poco tempo riusciremo a risolvere tutto, ma sono sicuro che faremo bene e faremo passi avanti anche perché la giunta è molto unita e dialoga tanto».

La giunta c’è ed è operativa, ma servirà altro personale da dedicare al welfare?
«Sì. Entro qualche mese dovrebbero prendere servizio in Comune più di 200 addetti al settore welfare che sono entrati tramite un concorso e tra poco saranno operativi. E questa è senz’altro una bella notizia che ci consentirà di lavorare meglio».

Sul fronte dei fondi, invece, com’è la situazione?
«Le risorse economiche ci sono e molte sono state già assegnate a dei progetti. Non vanno sprecate. Ci sono tante iniziative già finanziate per le quali si sono anche indette e concluse le gare d’appalto, ma che sono ferme per problemi burocratici. Bisogna recuperarli e far partire innanzitutto quei progetti già avviati e poi, ovviamente, farne di nuovi».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.