Quando la legge non tutela i diritti
Violenza omofoba, in Campania la metà dei casi di tutto il Sud
Nei quartieri “bene” della città di Napoli, come Vomero o Posillipo, si palesa meno frequentemente come dramma familiare perché viene vissuto più nel silenzio dell’intimità o della vergogna. Nelle zone più degradate, invece, può arrivare ad assumere forme plateali di aggressività e pura violenza, come nel caso di Caivano. L’omofobia, e in particolare l’omotransfobia, è un fenomeno diffuso, più di quanto si pensi. Come la violenza di genere, attraversa la società in maniera trasversale e fa vittime uccidendo, minacciando, costringendo a cambiare casa, lavoro, o addirittura vita. Negli ultimi otto anni in Campania, e a Napoli soprattutto, c’è stato un graduale aumento degli episodi di violenza venuti alla luce. È un aumento che è andato di pari passo con l’impegno di associazioni e comunità gay e trans. Massimo Battaglio, in collaborazione con l’Arcigay di Napoli presieduta da Antonello Sannino, ha stilato una sorta di statistica.
In Campania, da ottobre 2012, sono stati denunciati 135 casi di violenza di matrice omotransfobica, una cifra a cui si è arrivati per tappe: basti pensare che tra il 2012 e il 2013 non c’erano denunce, zero segnalazioni, omertà ancora assoluta. Poi si è creata una breccia in quel muro e negli anni successivi c’è stata una graduale emersione del fenomeno legato alla omotransfobia, passando dai nove casi del 2014, ai 13 dell’anno successivo, fino ai 30 del 2017, 34 nel 2018 fino ad arrivare agli undici casi del 2020. Totale 135, pari alla metà del totale dei casi (357) denunciati in tutto il Sud Italia, che si conferma quindi una parte del Paese dove l’omertà e la vergogna ancora prendono il sopravvento. Di tutti gli omicidi a sfondo omofobo avvenuti in Italia, un quarto risulta commesso in Campania, e questo perché in Campania più che altrove si riesce a scoprire più facilmente la matrice del delitto grazie alla presenza molto attiva delle associazioni.
Le vittime di aggressioni e violenze sono in prevalenza uomini (90), le donne sono nove, in 36 casi sono trans, il che porta Massimo Battaglio a commentare che «essere trans a Napoli può essere pericoloso». L’età delle vittime in media va dai 20 ai 30 anni, e si scopre che sono sempre più spesso i giovani quelli più propensi a denunciare, mentre le vittime in età più adulta tendono ad avere minore consapevolezza dei propri diritti e avere più paura a raccontare le proprie esperienze. Il 5 agosto scorso il Consiglio regionale della Campania ha approvato una legge contro l’omofobia e a breve, con l’insediamento della nuova giunta dopo le imminenti regionali, dovrebbero partire iniziative finalizzate a mettere in atto quanto previsto dalla nuova legge regionale. Sarà costituito un Osservatorio campano sulla violenza e sulle discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere e saranno attivati progetti in cui enti, associazioni e organismi saranno impegnati a prevenire e contrastare tali discriminazioni.
È stato un traguardo fortemente voluto dall’Arcigay di Napoli per colmare un vuoto normativo, culturale e sociale. Anche le statistiche sull’argomento sono scarse. «Nel nostro Paese si fa fatica a fare ricerche sulla comunità Lgbt, si fatica ad avere un approccio scientifico e sociale», spiega Antonello Sannino. Il caso di Maria Paola, la ventenne morta pochi giorni fa a Caivano in un incidente stradale che secondo le accuse sarebbe stato provocato da suo fratello (contrario alla sua relazione con Ciro, un transgender), è solo l’ultima in ordine di tempo di storie di violenza, aggressioni, minacce spesso vissute in silenzio, tenute nascoste per paura o per vergogna. «Serve un profondo cambiamento culturale, che cominci dalle scuole. L’omofobia non si combatte solo con la repressione. Una società migliore e più accogliente – dice Sannino – si può ottenere facendo cultura, informazione, sensibilizzazione, attività di formazione».
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