“Credo sia chiaro ed evidente che si tratti di un’azione che ha portato una ragazza innamorata di un ragazzo trans a subire la condanna di una cultura patriarcale inevitabilmente assoggettata al predominio, una forma di padronanza della donna, e a Ciro di essere vittima di transfobia. In questa situazione confluiscono due concetti fondamentali e purtroppo violenti. Uno è il femminicidio e l’altro è la transfobia”.

Così commenta il caso di cronaca accaduto a Caivano Daniela Falanga, presidente dell’Arcigay Napoli e prima donna transessuale a presiedere il circolo. Maria Paola Gaglione, 18enne di Caivano, e Ciro Migliore, 22enne di Acerra, sono stati inseguiti e speronati da Michele Antonio Gaglione, fratello di lei, che non accettava la relazione tra i due. Nell’incidente Maria Paola ha perso la vita, mentre Ciro è ricoverato in ospedale da due giorni e non si dà pace per quanto accaduto.

A non darsi pace sono in tanti. Ma in particolare Ciro e la sua famiglia. “La madre di Ciro mi ha chiesto di dire chiaramente alla stampa che ricevevano già delle minacce di morte e che quindi la questione era grave. E purtroppo, alla fine, in questa violenza inaudita è morta una persona. Qui non parliamo di una situazione in cui c’è ancora da definire cosa sta accadendo”. La famiglia di Ciro, però, nonostante le reiterate minacce non ha mai denunciato. “Non credo loro denuncino, in questo momento sono fragili, hanno paura ma spero di dare il massimo supporto per fare in modo che non rinuncino. Anche se penso che la legge a questo punto vada da se”.

In queste ore molti sono stati i messaggi di vicinanza e solidarietà per la tragedia accaduta. Ma Daniela tiene a specificare che la questione di Ciro e Maria Paola ha messo in evidenza ciò che accade tutti i giorni. “Ti assicuro che il problema è stato solo messo in evidenza, ma la questione ha un corso”, racconta Daniela al Riformista. “L’abbiamo toccata con mano anche durante la piena emergenza Covid. Io personalmente sono dovuta andare a prendere un ragazzo fuori stazione, buttato fuori di casa in pieno lockdown, ad Ariano Irpino. Cioè stiamo parlando del momento in cui, durante il Covid, quell’area geografica era zona rossa. Sono vicende che viviamo costantemente”. 

Ora più che mai si è giunti ad un punto di non ritorno, dove la legge contro l’omolesbobitransfobia, è diventata necessaria.“Questa legge è indispensabile per l’azione che bisogna compiere su un’Italia che purtroppo è ancora culturalmente arretrata, e queste vicende lo dimostrano. Questo è fondamentale perché avremo l’opportunità e l’occasione per accogliere persone. Avremo la possibilità di sanare una cultura discriminante, selettiva che terribilmente coinvolge l’intero Paese”, spiega Daniela. “Lo faremo nelle scuole, avremo la possibilità di entrare anche in quegli istituti dove purtroppo c’è una negazione ideologica di chi governa. Potremo gestire enti di accoglienza, che sono quelli di cui noi discutiamo da almeno vent’anni. Sono tante le persone che vengono condannate al silenzio, alla violenza, a coppie come quelle di Ciro che devono allontanarsi dalle proprie famiglie”. 

TRANSFOBIA E DISCRIMINAZIONE – Non appena la notizia di Maria Paola e Ciro è rimbalzata agli onori delle cronache, molte sono state le critiche ai media che hanno definito Ciro come la “ragazza” di Maria Paola ed identificandolo ancora come donna. “Ciro è stato vittima di transfobia. Una legge contro l’omolesbobitransfobia ci darebbe innanzitutto un supporto per fare una formazione chiara nell’informazione perché il problema grave è che gli specialisti dell’informazione, chi si deve occupare di questo, non sa assolutamente niente né di orientamento sessuale, né di identità di genere”. Secondo la Falanga “cambiano le narrazioni. Parlare di narrazione vuol dire togliere dal racconto la persona stessa, addirittura deturparla. Modificare una narrazione significa inevitabilmente raccontare in maniera sbagliatissima”.

A questo proposito, la pagina Facebook di ArciLesbica Nazionale si è pronunciata sul caso con una serie di post che stanno letteralmente dividendo la rete e l’opinione pubblica su un argomento che è sempre più oggetto di dibattito. In particolar modo è finito sotto accusa il messaggio in cui spiegano che “la transessualità non si autocertifica, ci sono passi da fare ben precisi. Il fatto al momento non smentito è che Cira Migliore ha documenti e corpo femminili, non ha mai iniziato alcun percorso di transizione. In caso questo venga ufficialmente rettificato, provvederemo a chiamarlo Ciro, trans ftm, da femmina a maschio”.

La presidente Daniela Falanga non si perde in mezzi termini e accusa: “A noi di arciLesbica non ce ne frega nulla. Lo definisco lerciume ideologico. ArciLesbica fa parte semplicemente di quel pre-femminismo che è legato ai corpi, in cui un uomo e una donna trans si autodeterminano nel genere di appartenenza solo per un pene e una vagina”. In realtà aggiunge Daniela “una persona trans si autodetermina nel momento in cui sente di appartenere al genere elettivo, non è ArciLesbica a dover chiarire chi è Ciro, ma Ciro stesso. Ciro è un uomo trans e non ha bisogno di gestire un percorso per definire chi è e quello che è, lo racconta la sua ragione”.

Oltre al caso di Maria Paola e Ciro, la Falanga ci tiene a specificare che messaggi come quelli veicolati da ArciLesbica  creano “un’involuzione dell’informazione e della cultura”. Per la presidente Arcigay, infatti, ArciLesbica “è solo un altro sistema patriarcale per creare predominanza sugli altri. E’ di ideologia ariana, sviluppa le proprie idee attraverso i corpi e selezionando i corpi. A noi non interessa, la scienza ha chiarito chi sono le persone trans. Non abbiamo bisogno di arciLesbica. E non farò  mai passare le loro informazioni sulla mia pagina perché sono deleterie”. Inoltre Daniela ci tiene a spiegare che “per fortuna oggi le persone trans fanno politica e in questa politica hanno la voce e la loro voce deve essere ascoltata, non quella di arciLesbica”.